Nella notte tra il 13 e il 14 dicembre, in un arco di tempo di 4 ore dalle 23 alle 3 del mattino, il vulcano è tornato in una fase parossistica, con una colata lavica dal cratere di Sud Est risultata visibile a grande distanza anche dalla Calabria.
L’attività eruttiva è stata preceduta da un repentino aumento dell’ampiezza del tremore vulcanico. Nell’analisi più dettagliata delle immagini delle telecamere, si sono osservati tre flussi piroclastici che si sono sviluppati, due in concomitanza con l’apertura della fessura eruttiva.
Esplosioni e fontane di lava si sono susseguite ad intensità variabile per qualche ora, per poi attenuarsi. Sono avvenute tre fasi di fontana di lava, che hanno anche emesso colate di lava dirette verso sud e sud-ovest, rimanendo però a quote al di sopra dei 2800 metri.
Una notevole emissione di cenere si è poi riservata sui paesi alle pendici del vulcano, fin su Catania dove sono state annerite auto e strade. Non ci sono state invece conseguenze sulla normale attività all’aeroporto internazionale Vincenzo Bellini.
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L’Etna aveva mostrato una certa vivacità anche a inizio dicembre e nei mesi precedenti. Non c’è da avere preoccupazione secondo gli esperti, sebbene molti ricordino l’eruzione del 24 dicembre del 2018, che culminò con un terremoto capace di causare danni nei paesi dell’area etnea.
L’evento di due anni fa aveva però caratteristiche ben diverse, in quanto era una eruzione laterale, sul fianco dell’Etna. L’eruzione odierna è invece di tipo sommitale, che non ha rapporto con i movimenti nelle faglie dei versanti del vulcano.
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