L’estensione dei ghiacci artici ha raggiunto la sua massima estensione attorno al 5 marzo e ciò significa che poi a seguire è iniziata la stagione di fusione, in quanto il progressivo allungamento del giorno determina anche un riscaldamento delle regioni polari.
Il trend di quest’inverno è stato decisamente positivo per il ghiaccio marino dell’Artico, soprattutto in raffronto agli ultimi anni e al disastroso 2017. Quest’anno l’estensione massima del ghiaccio marino è stata la più significativa degli ultimi 7 anni.
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Il 2020 si attesa come l’11° anno con l’estensione più bassa dall’inizio delle rilevazioni, secondo quando evidenziato dall’NSIDC. Prima del 2020, le quattro estensioni massime più basse si sono verificate tutte durante il periodo 2015-2018.
L’estensione massima annuale è rimasta di 590.000 chilometri quadrati al di sotto della media del 1981-2010. Tuttavia, da dopo il 5 marzo abbiamo avuto una pesante inversione, con un ritiro dei ghiacci piuttosto anomalo per il periodo di fine inverno/inizio primavera.
L’estensione è diminuita lentamente fino al 19 marzo, dopo di che è diminuita rapidamente per i successivi dieci giorni. Non è noto quanto possa aver influito l’indebolimento del Vortice Polare, che era stato invece determinare per il buon andamento dell’estensione dei ghiacci in tutto l’inverno.
Nel complesso, l’estensione del ghiaccio marino è diminuita di 750.000 chilometri quadrati (290.000 miglia quadrate) tra il 5 marzo e il 31 marzo, con 590.000 chilometri quadrati (228.000 miglia quadrate) di questa diminuzione che si è verificata tra il 19 marzo e il 29 marzo.
Alla fine di marzo l’estensione del ghiaccio marino è risultata molto bassa nel Mare di Bering, ma importanti tassi di fusione si sono registrati anche nel Mare di Okhotsk e nel Golfo di San Lorenzo. L’attuale tasso di fusione è piuttosto intenso, tra i più veloci mai registrati in questo periodo dell’anno.
Pubblicato da Mauro Meloni