Come ben saprete, ne abbiamo parlato e riparlato decine di volte, a cavallo tra fine dicembre e inizio gennaio i piani più alti dell’atmosfera (la medio-alta stratosfera) sono andati incontro a un improvviso, violento riscaldamento.
Il 5 gennaio la possiamo considerare come la data preliminare del riscaldamento stratosferico improvviso, data a nostro avviso importantissima poiché i venti attorno al circolo polare hanno registrato un’inversione di rotta: non più da ovest verso est, ma esattamente l’opposto. Il riscaldamento è stato provocato da un possente Anticiclone pacifico-asiatico, una struttura che spingendo fortemente contro il Vortice Polare lo ha deformato: non più circolare, bensì allungato.
Il potente riscaldamento ha attraversato l’intero Polo Nord (in stratosfera, è bene ricordarlo), dividendo efficacemente il nucleo freddo del vortice in due parti: uno nel Nord America e uno nel settore europeo. Va detto che la dinamica in sé per sé non ha molto a che fare con le condizioni meteorologiche, stiamo parlando infatti di dinamiche atmosferiche a circa 30 km di altitudine. Eppure, quando tali dinamiche sono così dirompenti, gli effetti possono propagarsi – più o meno rapidamente – verso i piani più bassi dell’atmosfera (troposfera) condizionando il quadro meteo climatico sopra le nostre teste.
Dando un’occhiata alle proiezioni, possiamo dirvi che l’Anticiclone stratosferico si manterrà forte e continuerà a spingere contro un Vortice Polare decisamente fiacco. A questo punto potrebbe verificarsi un nuovo riscaldamento, che dovrebbe temporaneamente impedire qualsiasi rapida riorganizzazione e rafforzamento della circolazione stratosferica.
L’analisi delle temperature stratosferiche evidenzia il grande picco di temperatura a 10 mb (30 km), picco di temperatura che ha investito anche la bassa stratosfera ovvero i 50 mb (20 km). Guardando ancora più in basso, al livello dei 150mb, che possiamo ritenere il confine o “zona cuscinetto” tra la stratosfera e la troposfera, notiamo ugualmente un picco di temperatura il ché significa che l’evento di riscaldamento è stato abbastanza robusto e veloce.
Significa che gli effetti meteorologici potrebbero arrivare improvvisamente e che nei modelli previsionali – i quali stanno provando a inquadrare al meglio l’evoluzione – potrebbe cambiare tutto da un momento all’altro.