L’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. fu un’immane tragedia per chi la visse, ma, a distanza di quasi 2000 anni, è un’incredibile opportunità per conoscere la società romana dell’epoca.
Sono moltissimi i reperti che gli scavi archeologici hanno riportato alla luce sia a Ercolano che a Pompei. E’ un’area unica al mondo, perché l’eruzione piroclastica, seppellendo di lava rovente le due città, si stima a una temperatura di 500° Celsius, cristallizzò in un dato istante la vita di migliaia di uomini di una giornata di 2000 anni fa.
L’ultima straordinaria notizia che proviene da quella zona riguarda la scoperta di un cranio vetrificato con cellule cerebrali intatte. È una scoperta sensazionale, perché i cervelli tendono a decomporsi rapidamente dopo la morte, ma in questo caso, l’improvvisa violenta vampata di calore ha bruciato i grassi e i tessuti corporei dell’uomo, vetrificando il cervello.
I resti conservati sono stati effettivamente scoperti durante degli scavi negli anni ’60 e si riferiscono a un giovane uomo trovato carbonizzato in un letto ligneo. Ma solo recentemente un team di scienziati guidati da Pier Paolo Petrone, antropologo forense dell’Università di Napoli Federico II, ha analizzato il corpo e fatto la stupefacente scoperta. Lo studio è stato pubblicato sul New England Journal of Medicine.
“La scoperta del tessuto cerebrale in antichi resti umani è un evento insolito”, ha dichiarato Petrone. “Ma ciò che è estremamente raro è la conservazione integrale delle strutture neuronali di un sistema nervoso centrale di 2000 anni fa, nel nostro caso con una risoluzione senza precedenti”.
E’ la prima volta in assoluto che vengono scoperti resti di cervello umano vetrificati per effetto del calore causato da un’eruzione. “Sin dalle eccezionali scoperte avvenute all’inizio degli anni 80 del 900 presso l’antica spiaggia, il campione antropologico offerto dal sito di Ercolano si è rivelato di estremo interesse” – spiega Sirano, direttore del parco archeologico -. “Gli studi di antropologia fisica sono ora supportati da analisi di laboratorio sempre più sofisticate. Stiamo inoltre associando ad esse innovative ricerche sul DNA degenerato che, come sembrano dimostrare lavori di prossima edizione da parte del dr. Petrone, ha ancora racchiuse in sé alcune parti della sequenza del codice in grado di chiarire origine e grado di parentela delle vittime ritrovate nelle rimesse delle barche presso l’antica spiaggia. Questi straordinari dati possono peraltro confrontarsi con quelli derivanti dalle analisi sui materiali organici e sui coproliti rinvenuti nel corso degli scavi nelle fogne sotto il cardo V che hanno chiarito tanti aspetti del regime alimentare e contribuito ad arricchire il quadro delle più frequenti patologie che affliggevano gli abitanti di Ercolano. Se pensiamo a tutto quanto conosciamo attraverso la variegata documentazione scrittoria antica formata da documenti pubblici e privati, davvero si comprendono l’inestimabile valore e le potenzialità ancora inespresse da questo prezioso sito UNESCO.”