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Rientro dall’Antartide

Rientro in Patria dall’Antartide

 

ovvero

 

Una tranquilla crociera attraverso l’oceano più tempestoso della Terra

Sono gli ultimi frenetici giorni della XXXI Spedizione a Base “Mario Zucchelli”. Tante sono ancora le cose da fare prima di dare il definitivo giro di chiave alla porta di casa e tutto il da farsi è indissolubilmente legato ad un unico principale fattore: il “meteo”.

Sì, proprio così,  perché si possono fare sulla carta tutti i piani e programmi che si vuole, si può stabilire a priori di terminare la Spedizione ad esempio il 12 febbraio, ma chi deciderà se veramente quel giorno ci si potrà lasciare alle spalle questo strano e affascinante collage di containers blu che è stato per quattro mesi la tua casa e la tua bottega è  proprio “lui”, il tempo meteorologico.

E tu, ufficiale previsore del Servizio Meteorologico dell’Aeronautica Militare, che hai avuto l’onore di essere assegnato per questi 120 giorni al PNRA (Programma Nazionale di Ricerche in Antartide) dell’ENEA, continuerai pertanto ad essere nell’occhio del ciclone, finché non poggerai nuovamente il piede in terra di Nuova Zelanda.

In verità questo consueto modo di dire prettamente “meteorologico” è alquanto impreciso, dato che l’occhio del ciclone è una piccola zona di calma di alcune decine di chilometri attorno alla quale ruota la furia distruttiva dei venti di una perturbazione tropicale e, per il previsore di MZS (Mario Zucchelli Station), non si può certo parlare di calma in mezzo al vorticare dei preparativi di chiusura. Anzi, in certi momenti vorresti essere davvero invisibile dato che tutti, ma proprio tutti, ansiosi di concludere i propri compiti e tornare alla propria “casa dolce casa” in patria, ti cercheranno, ti cacceranno, ti fermeranno e ti spareranno addosso la fatidica domanda: “Sì parte o non si parte?”

Come nella vita quotidiana di ciascuno di noi, ovunque ci si trovi sui cinque continenti, sugli oceani o nei cieli che li connettono, il tempo meteorologico ha un effetto determinante e decisivo sull’efficacia delle nostre scelte nelle azioni che avvengono principalmente all’aperto, a maggior ragione ciò avviene nel sesto continente, il continente gelato, l’affascinante Antartide.

Da qui ben si comprende l’importanza che ha per la società contemporanea un moderno, efficiente ed efficace servizio meteorologico pubblico e quindi quanta importanza ha avuto nei decenni passati e ha tutt’oggi il Servizio Meteorologico dell’Aeronautica Militare nel fornire alla nazione le informazioni sul tempo di cui essa ha bisogno per vivere, operare e progredire.

Anche qui in Antartide, a latitudine 75°S, nella cittadina di poco meno di cent’anime d’italica stirpe, molto ma molto più a sud di Lampedusa, da oltre trent’anni la professionalità dei previsori del Servizio Meteo dell’A.M. contribuisce in modo determinante alla positiva riuscita e al successo delle spedizioni nazionali. Spedizioni  che sono poi il risultato del lavoro logistico e tecnico che ruota attorno alle basi MZS e Concordia, complice anche la nave Italica, e che permette a decine di ricercatori scientifici nostrani di raggiungere località più o meno sperdute di questa parte del continente antartico, delle sue montagne, delle sue coste e del mare di Ross che la bagna (quando non è gelato!), in centinaia di missioni di elicotteri, aerei o imbarcazioni che necessitano di accurate previsioni meteo per essere dapprima pianificate e in seguito effettuate in condizioni di massima sicurezza.

Sicurezza alla quale contribuisce sul campo altro personale delle FF.AA.: piloti, guide alpine, incursori, palombari, nocchieri, medici. Per il previsore si tratta quindi di stabilire se vi saranno le condizioni appropriate in termini dei differenti parametri meteorologici: intensità e direzione del vento; visibilità; tipo, copertura e altezza sul suolo degli strati nuvolosi; di presenza o meno di precipitazioni nevose e della loro intensità e, ovviamente, di temperatura e del suo effetto combinato col vento, il cosiddetto “wind-chill”. Ecco dunque che il previsore di Baia Terra Nova vive in continua simbiosi, nella torre di controllo che ospita la Sala Operativa di MZS, con i propri computer sui quali quotidianamente studia e analizza centinaia di mappe e diagrammi di previsione, immagini da satelliti meteorologici polari, dati di misura della rete di stazioni meteo installate e gestite dall’ENEA, i quali, tutti insieme, alla fine gli permettono di rispondere alle continue e pressanti domande della popolazione di MZS che spesso ospita anche personale straniero.

Dal consigliare la Direzione di Spedizione nel ritardare un dato volo per Concordia per prevista formazione di nebbie sul Plateau, al convincere uno “scientifico” che è meglio invertire l’ordine cronologico dei suoi prossimi obiettivi in base agli spostamenti della perturbazione in arrivo dall’Ice Shelf, dall’illustrare con un briefing al pilota che il vento che sta spazzando trasversalmente la pista di atterraggio di Enigma Lake, alle spalle di MZS, cesserà di soffiare entro 6-8 ore, al consigliare il comandante della nave Italica che seguendo una rotta un po’ più lunga ma più sotto costa eviterà i forti venti meridionali contrari che si stanno intensificando sul mare di Ross occidentale e che amplificheranno per oltre 36 ore il moto ondoso, eccoci arrivati a poco meno di una settimana dalla data pianificata per la chiusura a dover cominciare a rispondere alla domanda di tutti: “Si parte o non si parte?”

In realtà la risposta non è unica per tutti, poichè non è unico per tutti il mezzo di rientro verso il mondo abitato, verso la Nuova Zelanda.

Infatti una parte del personale di chiusura seguirà la stessa strada, già percorsa durante le due o tre settimane precedenti da vari gruppetti di specialisti che avevano terminato i propri compiti in Spedizione: con uno degli assetti a disposizione, elicotteri Squirrel, aerei piccoli Twin Otter oppure medi DC3-Basler, si raggiunge la base statunitense di McMurdo, 400 km ancora più a sud di MZS, dalla quale un volo di 8 o 9 ore a bordo di un C130 “Skier” (cioè dotato anche di pattini) dell’USAF porterà i connazionali fino all’aeroporto di Christchurch sull’isola del Sud della nazione posta agli antipodi del nostro italico stivale.

Negli anni passati il volo di rientro da McMurdo alla Nuova Zelanda era alquanto più rapido, all’incirca 5 ore, grazie all’impiego dei grandi quadrigetto da trasporto militare C17 dell’USAF, invece dei lenti quadri-elica che hanno meno spinta (o più precisamente trazione), e volano più in basso di oltre 5000 piedi (oltre 1500 m) in aria quindi più densa e con un profilo aerodinamico rallentato dalla presenza esterna dei grossi pattini.

Anche questo fatto è una conseguenza del riscaldamento globale del pianeta. Infatti quest’anno il C17 non poteva ancora atterrare nel periodo di fine spedizione perchè le temperature non erano state nel periodo precedente ancora sufficientemente basse a lungo da indurire abbastanza il ghiaccio della pista “Pegasus”, rammollito per un curioso effetto che in realtà esiste da sempre ma che solo di recente si protrae più avanti nel tempo proprio a causa delle maggiori temperature.

L’effetto è il seguente: a sud della pista di “Pegasus” vi è una piccola isola montuosa che sbuca dal ghiaccio perenne detta Black Island, l’isola nera, proprio per il colore delle sue rocce di origine vulcanica. Queste rocce, spazzate dai frequenti venti tempestosi meridionali che caratterizzano l’Ice Shelf, la barriera permanente di ghiacci che unisce le coste del mare di Ross più vicine al polo e che tanto fece dannare i primi esploratori antartici di oltre un secolo fa, spargono sulla pista stessa un sottile strato di polvere nera. La polvere nera, riscaldandosi molto sotto i raggi del sole estivo, fonde lo strato di ghiaccio più superficiale rendendo impossibili decolli e atterraggi su ruote dei C17. Solo quando le temperature scendono per lunghi periodi a valori abbondantemente sotto lo zero e contemporaneamente il sole si abbassa sull’orizzonte scaldando meno e le giornate nuvolose si fanno più frequenti, solo allora il ghiaccio superficiale della pista tornerà a solidificarsi permettendo la ripresa delle operazioni dei C17.

Per rispondere quindi alla domanda dei colleghi in uscita dall’Antartide per via aerea se il giorno prefissato sia quello propizio o meno, il previsore deve verificare se le condizioni meteo sono favorevoli al decollo, in rotta e all’atterraggio tra MZS e McMurdo per il nostro piccolo bimotore Twin Otter che dovrà fare la spola, generalmente due o tre volte, per portare persone e bagagli. Lo studio poi delle condizioni sulla rotta tra McMurdo e la Nuova Zelanda permetterà di dare un’indicazione sulla probabilità o meno di tornare alla “civiltà”, anche se, trattandosi di un volo di USAF per USAP (United States Antarctic Program), il compito di fornire info e previ meteo è dei colleghi previsori statunitensi e la decisione di decollare e proseguire è, come in tutto il mondo, del comandante del velivolo.

Abbracci, strette di mano, frasi augurali e anche qualche lacrima, accompagnano di fronte a MZS il congedo dei partenti per via aerea, sia che siano i moderni Mitsubishi  Triton bianchi a portarli su alla pista di Enigma Lake, sia che siano gli agili elicotteri Squirrel a trasportarli sulla più lontana pista di Browning Pass, non raggiungibile via terra

Nel frattempo continua lo scambio di raffiche di e-mail, telefonate su VoiP e via SAT e chiamate radio in HF con la nave Italica che, con la prua a sud nel mare di Ross, divide il suo tempo tra campagna oceanografica e avvicinamento a Baia Terra Nova.

Anche in questo caso è il tempo meteorologico a stabilire i giochi: il perdurare della mancanza di vento sotto costa ha fatto sì che il ghiaccio del pack marino frammentato continui a stazionare compatto davanti alla base oscillando un po’ avanti e indietro al solo ritmo delle maree ma di fatto bloccando l’accesso alla nave e  soprattutto ai movimenti che la chiatta di collegamento tra il molo e la stessa nave alla fonda dovrebbe fare per scaricare l’ultimo carico di rifornimento di materiali, viveri e carburanti che la nave ha in stiva e sostituirlo con quanto bisogna rimandare in Italia, mezzi da revisionare o rottamare, rifiuti da riciclare e soprattutto… noi stessi, ultimi abitanti di MZS pronti a migrare finita la stagione.

In attesa che l’arrivo del vento catabatico o di diverse correnti marine possano allontanare i ghiacci, continuiamo a seguire e a prevedere tempo e mare per l’Italica che si porta nel frattempo più sud della base, intorno alla lunghissima lingua di ghiaccio terrestre del Drygalsky, un molo naturale di 70 km di ghiaccio che si spinge dal ghiacciaio David in mare perpendicolarmente alla costa. E’ qui che ricercatori del CNR cercano i “pancakes”, le “frittelle” di ghiaccio marino, primi germi del rigelo della superficie marina al termine dell’estate antartica.

Dopo però tre giorni, grazie proprio a qualche breve sbuffo di catabatico e a correnti marine da sud, il ghiaccio marino libera in massa la porta di casa ed è tempo per la nave di presentarsi per lo scarico.

Bisogna anche fare in fretta: le mappe meteo mostrano chiaramente che dopo una finestra di 36 ore di calma di vento e di moto ondoso, lo spostamento dell’anticiclone di aria fredda che staziona sul Plateau verso la costa occidentale del mare di Ross, ovvero il suo accumularsi verso la catena montuosa costiera che è alle nostre spalle, produrrà un episodio di intensa caduta d’aria fredda attraverso i ghiacciai che ci circondano. Questo sta a significare alcuni giorni di forte vento catabatico. Se non vogliamo restare bloccati per altri giorni bisogna sbrigarsi!

La Direzione di Spedizione a bordo nave insieme al comandante recepiscono il messaggio, nel corso della notte mettono la prua verso di noi e alle 6 del mattino di una splendida notte di fine estate dai magici colori arancio-rosato che tingono il bianco immacolato dei quasi 3000 metri del vulcano Melbourne di tinte incantevoli, la sagoma rosso acceso dell’Italica si profila all’orizzonte.

Le squadre di personale sono già pronte per effettuare prima lo scarico e subito dopo il carico della nave sotto l’occhio vigile del Capo Spedizione che, insieme a noi della Sala Operativa, controlla che tutto proceda con regolarità e in sicurezza. Poco più di ventiquattro ore e il lavoro è completato. E’ fatta! Ora tocca al personale.

Bagagli pronti, ci si infila per l’ultima volta la tutona antartica rossa, scarponi ai piedi, guanti, cuffia, la lunga zip che sale a chiuderla e via, fuori, giù rapidi lungo la ripida discesa che porta al molo. Si sale a gruppetti di 6-7 persone sul traghettino che porta avanti e indietro fino alla posizione della nave alla fonda. Non si può infatti attraccare direttamente al molo, la profondità del fondale non lo permette.

Sali, ti giri, la barca salpa, l’aria fredda ti avvolge alle spalle, e in quel momento la vedi sopra di te, la guardi mentre si fa via via più piccola e lei stessa, MZS, sembra guardarti e salutarti sdraiata con il suo corpo metallico di blu dipinto e, sopra di esso, la sala operativa, sua testa pulsante, con le sue vetrate, occhi sul meraviglioso panorama antartico, ora che sta per addormentarsi per il suo lungo letargo di otto mesi a cavallo del lungo inverno antartico.

Sono tante e contrastanti le emozioni dentro al cuore dei partenti: la gioia di tornare tra qualche giorno alla proprie case e di poter riabbracciare i propri cari; la soddisfazione ma anche la stanchezza per questi cento e più giorni di lungo, duro e ininterrotto lavoro dai grandi risultati; un po’ di tristezza per la consapevolezza di lasciare un posto meraviglioso, magico e unico, veramente unico al mondo, non sapendo se in futuro vi ritornerai per una prossima spedizione.

Ti rigiri di 180° dando le spalle a quello che in pochi minuti è divenuto da presente per quattro mesi a passato prossimo e, improvvisamente, si staglia davanti ai tuoi occhi, stretti dall’aria fredda che ora li investe, il tuo futuro prossimo per i dieci giorni a venire: è Lei, la nave Italica, la tua nuova casa e la tua nuova bottega per questa imminente crociera attraverso il mare di Ross e l’Oceano Meridionale, detto anche Antartico, da MZS a Christchurch, da 75° a 43° di latitudine sud, da temperature dell’aria di ormai -5/-10°C a +20/+25°C di un’estate australe che va finendo, da temperature dell’acqua gelide di -2°C a tiepide di +15°/+20°C, da un panorama dominato dal bianco del ghiaccio e della neve ad uno dominato dal verde della vegetazione, attraverso orizzonti di 360° di sola acqua, orizzonti che salgono e scendono ritmicamente di diversi metri nell’innarrestabile rincorrersi delle grandi onde che solcano l’oceano più tempestoso della Terra, spesso spazzate, generate e ampliicate dai forti venti che le continue depressioni delle medie e alte latitudini australi generano incessantemente nel loro inseguirsi da ovest verso est.

D’ora in avanti le previsioni si faranno direttamente a bordo e verificherai direttamente sulla tua pelle, o meglio sul tuo stomaco, la correttezza o meno della prognosi del moto ondoso: altezza in metri, periodo in secondi e direzione cardinale di provenienza delle onde sia generate localmente dal vento che di quelle provenienti da distanze più remote, il cosiddetto “mare lungo” o “swell” in inglese. Combinandosi insieme alla direzione e intensità del vento, i suddetti parametri regoleranno la velocità e gli assetti, beccheggio e rollio, che questa vecchia signora in rosso, russa alla nascita ma Italica di nome, assumerà miglio dopo miglio nautico fino al porto di Lyttleton per la gioia dei suoi occupanti. Il tutto ad una velocità di crociera di 12-13 nodi, 20-25 km/h, velocità da passeggiata in bicicletta. E che passeggiata però!

Pronti dunque per questa nuova sfida. Tempo di incastrare un bagaglio da quattro mesi fuori casa negli angusti spazi di una ristretta ma decorosa cabina da quattro persone ed eccoci in sala navigazione dove i valenti e lodevoli informatici dell’ENEA  hanno già preparato la tua postazione con PC in rete e collegato a internet tramite l’antenna satellitare della nave.

Con qualche ora di lavoro, un surrogato della stessa postazione del previsore di MZS è pronta. Pronti dunque ad affrontare la sfida del tempo oceanico.

Un click e dopo pochi istanti il server del nostro Servizio Meteo a Pratica di Mare comincia a inviare una dietro l’altra le decine e decine di mappe di previsione che sotto forma di impulsi radio in sequenze di bit 0 e 1 corrono e saltano a velocità prossime a quella della luce tra cavi, fibre e antenne fino al satellite per comunicazioni in orbita sull’equatore che a sua volta le reindirizza alll’antenna della nostra Italica. Pochi istanti ancora ed ecco sul monitor il futuro di nubi, vento e mare attorno all’Antartide per i prossimi giorni calcolato dai modelli di previsione dei centri meteorologici europeo e americano e che sono il prodotto di miliardi di miliardi di calcoli fatti in poche ore da alcuni dei più potenti supercomputer mai realizzati al mondo.

E’ ora la testa del previsore che deve analizzare e studiare, in base alle proprie conoscenze e alla propria esperienza, queste innumerevoli informazioni per poter dare alla Direzione di Spedizione e al comando nave le informazioni, i consigli, i suggerimenti per affrontare questa lunga crociera: tre giorni ancora di campagna oceanografica nel mare di Ross e una settimana circa, salvo maggiori tempeste, per arrivare in Nuova Zelanda al ritmo di circa 5° di latitudine al giorno.

Ancora una volta risulta evidente l’importanza e il valore del nostro Servizio Meteorologico dell’A.M.: conoscenze scientifiche, dotazioni tecnologiche e preparazione del personale in grado di fornire da decenni, in patria come all’estero, le informazioni necessarie ad operare in modo sicuro, efficace, efficiente ed anche economico.

Bene, signori, come in ogni crociera che si rispetti si salpa accompagnati da un lungo suono della sirena. Prua inizialmente verso sud per un’ulteriore caccia di alcune ore, ahimè infruttuosa, ancora dei pancakes di ghiaccio intorno al Drygalsky per poi dirigersi ben a nord di MZS, verso Cape Hallett, per alcuni sondaggi del fondo marino. Come era stato previsto, il mare è inizialmente molto mosso per il persistere dei venti da sud. Tuttavia, passata una fascia di grossi lastroni di pack in grado di smorzare rapidamente l’ampiezza delle onde ed entrando nella stretta baia all’interno di Cape Hallett, ciò che ora continua a dar fastidio sono i 30 nodi di vento da sud che fanno penare il personale di plancia a tenere la nave ferma sul punto di studio.

Questa volta le mappe di previsione del vento ad alta risoluzione spaziale (1 km) prodotte la mattina dal modello polare americano non sono state molto precise. Prevedevano la cessazione del vento tra le 17 e le 19 locali. Sono già le 20 e il vento da sud soffia ancora impetuoso. Sul computer in sala navigazione arrivano però le nuove mappe, la nuova corsa del modello inizializzata con i dati di osservazione delle ore 00 di tempo universale, le ore 13 locali alla longitudine 170° della Nuova Zelanda e mostrano effettivamente un ritardo nell’esaurimento del vento tra le 22 e le 23. In effetti così è, dopo le 22.30 nell’arco di poco meno di 15-20 minuti il vento cala rapidamente da 30 nodi a quasi calmo e tenere la nave ferma diventa un gioco da principianti.

A volte, come vedremo anche tra breve, i modelli di previsione meteorologica sono in grado di fare previsioni sufficientemente accurate con giorni di anticipo. Altre volte, a meno di 24 ore di anticipo possono fare errori grossolani e comunque in grado di far ritardare o cancellare una missione o un compito. Ad ogni modo nel corso degli ultimi anni questi modelli hanno raggiunto gradi di attendibilità notevoli e continuamente migliori, anch se la precisione assoluta, spaziale e temporale, resteranno per sempre un miraggio irraggiungibile, come scientificamente dimostrato. Si dovrà pertanto sempre tener conto della possibilità di errori, generalmente piccoli entro 1 o 2 giorni di anticipo ma che alle volte possono essere più grossolani.

Poco dopo si scaricano sul PC anche i pacchetti di previsione del moto ondoso per analizzare cosa ci aspetta sull’Oceano Meridionale una volta lasciato alle spalle il mare di Ross. Allontanatasi verso est la grande perturbazione madre dei forti venti da sud, nella prima metà della navigazione, fino a circa latituine 60°S, si profilano venti e mare molto tranquilli. Solo la visibilità sarà mediocre per una massa d’aria relativamente tiepida e molto umida proveniente da latitudini più settentrionali, cioè più verso le medie latitudini, che scorrendo sulle acque molto più fredde che circondano il continente antartico, si raffredda portando alla condensazione in micro-goccioline d’acqua in sospensione parte del vapore in essa contenuto. Si formano così le foschie o, se la visibilità scende sotto i 1000 metri, le cosiddette nebbie da “avvezione” ovvero da trasporto di aria più calda e umida su una superficie più fredda. Questa è una ulteriore preoccupazione per il personale della plancia della nave. Con visibilità ridotta il pericolo di collisione in queste acque non è con altro traffico marittimo, praticamente assente, ma con i tanti enormi icebergs, frammenti dei molti ghiacciai o addirittura dell’Ice Shelf. Quando tuttavia l’occhio umano non può penetrare le goccioline d’acqua in sospensione, il suo compito è sostituito dalle mico-onde del radar di bordo che riflettendosi contro un eventuale bersaglio ne produrranno la visualizzazione e il posizionamento sul suo schermo in plancia.

Ciò che attira però più di tutto l’attenzione del previsore è la seconda metà della traversata oceanica, dal quarto giorno in avanti. Sembra infatti dai calcoli del modello del centro europeo di previsioni ECMWF, ovvero dalle mappe che ne derivano, che si venga a formare in tutta la fascia di longitudini oceaniche tra sud dell’Australia e sud della Nuova Zelanda, tra i 60° e i 50° gradi di latitudine, un canale molto esteso da ovest a est di venti occidentali sostenuti, tra 30 e 40 nodi, prodotti dal contrapporsi di un vasto anticiclone di aria calda di origine sub-tropicale e una vasta area depressionaria tra i 60° e le coste antartiche.

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