È il 2020, un anno che ha nel suo DNA svariate situazioni estreme, tra cui una pandemia. Ebbene, è notizia di quest’anno la scoperta in Siberia, in un immenso territorio quasi disabitato per via delle condizioni climatiche ostili, di quello che è stato chiamato il “buco che porta alla fine del Mondo”.
Una troupe cinematografica mentre sorvolava in elicottero la penisola di Yamal, ha visto per la prima volta “il buco”, in un’area già nota dalla gente del posto come “la fine del mondo “. All’origine del buco c’è stata sicuramente un’esplosione, ma sono ignote le cause. Tutto attorno si vedono pezzi di roccia e ghiaccio per centinaia di metri nel paesaggio.
Il cratere non è il primo del genere in Siberia. In effetti, fori nella crosta terrestre, tutti in Siberia ne sono stati individuati in tutto 17.
Indagando tra la popolazione che vive in sperduti villaggi, hanno detto di aver udito un’esplosione. Questa anche a circa 100 km di distanza dal buco nel terreno.
Il fatto che vari di questi fori si siano formati in un’area chiamata la “fine del Mondo” desta una certa curiosità, in specie perché è avvenuto nel 2020.
Gli eventi esplosivi non hanno causato danni a cose o persone, ma sull’origine si iniziano a fare anche le prime ipotesi, tra cui lo scioglimento del permafrost a seguito dell’aumento delle temperature nella regione.
Quando hanno iniziato a comparire per la prima volta nel 2014, non era chiaro cosa li stesse causando. Si fecero ipotesi come fori causati da meteore, oppure dagli alieni. Ma scienziati meno eccentrici hanno delle ipotesi più credibili. Con lo scioglimento del permafrost, il gas che si trova nel sottosuolo ha creato delle fessure nel terreno, fuoriuscendo in superficie.
L’analisi satellitare condotta all’inizio del 2020 ha mostrato che i crateri si sono verificati tutti in luoghi dove in precedenza c’erano piccole colline di ghiaccio. Queste, erano alte circa 2-6 metri, ed erano originate da movimenti del terreno causati dalle variazioni di temperatura annuale.
Un altro studio che ha prelevato campioni dal fondo dei crateri e ha concluso che i crateri sono probabilmente causati da emissioni di gas intense, in particolare dopo un accumulo di metano sotto la superficie. Il metano accumulato ha creato pressione in aree con spesso ghiaccio nel terreno. Quando la pressione nel sottosuolo è divenuta molto intensa, il terreno ghiacciato non ha più trattenuto il gas che è uscito in superficie esplodendo.
Quando il permafrost si scioglie a causa dell’aumento delle temperature, anche i batteri e altri microbi si scongelano e agiscono assieme al metano.
Man mano che le temperature aumenteranno avremo nuovi fenomeni analoghi, che in futuro potranno essere molto frequenti. E questa è una cattiva notizia, in quanto il metano è un “gas serra” e favorisce un ulteriore riscaldamento terrestre.
Questi crateri sono un indicatore preoccupante di quanto sta succedendo in aree remote dell’Artico, oltre della Siberia. E lo afferma anche il Sue Natali of the Woodwell Climate Research Center in Woods Hole, Massachusetts.
I cambiamenti che stanno avvenendo in questo paesaggio si verificano gradualmente, ma altri all’improvviso. Pochissimi si verificano in modo esplosivo, ma contribuiscono all’emissione di gas serra nell’atmosfera.
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