Dopo la forte scossa di terremoto del 27 marzo in pieno Adriatico, pari a 5.6 di magnitudo Richter e avvertita in molte parti del Centro-Sud, i sismografi hanno registrato almeno un centinaio di scosse in tre giorni. La tendenza è comunque a calare sia come intensità che come numero.
Alcune di queste repliche hanno raggiunto una magnitudo superiore a 4, percepite ancora in alcune aree della terraferma delle coste adriatiche, specie sul Gargano. L’epicentro di questi terremoti è infatti in pieno Adriatico a nord del Gargano, con profondità di 60 chilometri.
In realtà le scosse effettive sarebbero molto più numerose, perché i primi sismografi utili si trovano lungo la costa ad oltre 60 chilometri di distanza dall’epicentro. Questo permette di localizzare solo i terremoti in mare con magnitudo superiore a 2.5 gradi.
Lo sciame sismico in Adriatico è probabile che vada avanti, tanto che secondo il parere degli esperti potrebbe proseguire anche nei prossimi mesi, ma con intensità decrescente. Non è però escluso che si possa attivare una faglia crescente, con temporanea crescita del fenomeno.
L’area interessata dagli eventi tellurici comprende un sistema di faglie ben conosciute, ma che in passato non ha visto elevata sismicità. Solo più verso l’Albania ed il Montenegro si sono registrati terremoti più forti di quello di sabato.
La scossa principale e le repliche si sarebbero innescate da un’improvvisa liberazione d’energia per un meccanismo d’avvicinamento della placca balcanica verso quella adriatica. Ciò crea una sorta di compressione, all’opposto invece del meccanismo d’estensione che si verifica lungo l’Appennino.