Fondazione CESVI e il fotografo Fabrizio Spucches, dal prossimo 5 novembre presentano all’Acquario Civico di Milano la mostra dal titolo THE LAST DROP a cura di Nicolas Ballario, un racconto emozionale e sfrontato che fa emergere due delle più grandi problematiche sociali dei nostri giorni: la guerra e la carestia.
La mostra è promossa dal Comune Milano Cultura e dall’Acquario – Civica Stazione Idrobiologica.
Una narrazione che, attraverso oltre 100 scatti inediti, vede insieme Spucches e Fondazione CESVI in Ucraina e nel Corno d’Africa, dove l’artista ha visitato i progetti di CESVI e incontrato le persone aiutate, per fotografare chi è stato colpito direttamente dalla guerra e chi – seppur lontano e in un altro continente – sta vivendo analoghe condizioni di fragilità date dall’emergenza climatica, dalla carestia e, indirettamente, anche dal conflitto.
Se infatti può risultare più semplice comprendere il dramma che oggi vede coinvolto il popolo ucraino, è più complesso comprenderne gli effetti in terre come la Somalia, il Kenya o l’Etiopia che – alle prese con la più grave siccità dal 1981 e un’agricoltura in ginocchio – negli ultimi anni sono state costrette a dipendere da altri Paesi per l’importazione di materie prime. Proprio da Ucraina e Russia, infatti, giungevano enormi quantità di grano verso quei Paesi, arrivando in certi casi a soddisfarne addirittura il 90% del fabbisogno.
THE LAST DROP, l’ultima goccia” è quella che fa traboccare il vaso. È un vaso traboccante disperazione e morte, quindi, quello che Spucches racconta: un vaso colmo di tragedie contemporanee così assurde e apparentemente distanti, ma strettamente interconnesse, dall’esito devastante e che trovano l’unica vittima negli “ultimi”, categoria che va ben oltre la catalogazione geografica.
Con questa mostra Spucches non fa confronti o paragoni e trasporta il visitatore in un’ottica metaforica e paradigmatica, in un cortocircuito che sovverte il racconto mediatico, sempre legato all’emergenza altisonante e mai a una vera presa di coscienza.
Proprio l’acqua è fin da subito protagonista di questa esposizione che vuol raccontare il divario tra Paesi dell’est europeo e alcuni Paesi africani: i primi sono strategici a livello geopolitico proprio perché provvisti di enormi fonti d’acqua che permettono una florida agricoltura (a partire dal grano), asset economico fondamentale per quanto riguarda le esportazioni. Mentre nel Corno d’Africa, a causa della più grave siccità degli ultimi quarant’anni e per il blocco di esportazione di grano dall’Ucraina e dalla Russia, oltre 20 milioni di persone rischiano la vita (dati UN OCHA, settembre 2022).
In THE LAST DROP decine di persone si rendono indistinte nella fotografia, vittime di una guerra o della siccità, che si trasformano in semplice catalogazione di un problema che dovrebbe colpire tutti, e non solo sull’onda emotiva. Persone che navigano tutte sulla stessa barca, indistintamente in quel blu che è il cielo, che lancia bombe in Europa e che è vuoto di pioggia in Africa.
C’è poi uno specchio d’acqua dal quale emergono ritratti che sembrano lapidi e una goccia che genera onde concentriche e ipnotiche, come ipnotico è il susseguirsi di immagini. E se un rubinetto appeso troppo in alto per essere spento inchioda lo spettatore alla sua impotenza, le gigantografie dei bambini indicano la speranza di un futuro possibile e tutto da costruire.
Madri e bambini rispondono alla stessa domanda e intere famiglie si mostrano con tutto ciò che posseggono, sia perché il destino non ha mai dato loro nulla o perché i bombardamenti hanno distrutto ciò che avevano (come le valigie che un padre di famiglia ha messo a disposizione dell’esposizione, unico ricordo rimasto di sua moglie e dei suoi figli, uccisi mentre tentavano di fuggire).
Il percorso espositivo instrada quindi il visitatore in un limbo che mischia le carte e azzarda fino a suggerire l’inimmaginabile: a sinistra persone che, chiuse in un sacco nero da cadaveri, hanno perso figli, fratelli, sorelle, genitori, mogli, mariti e che tengono in mano un girasole, il simbolo nel loro Paese. A destra invece l’estrema tessera di questo raccapricciante domino che produce già oggi effetti di lungo periodo: uomini che per mancanza di cibo si rifugiano nelle droghe più misere, tossicodipendenti che per non sentire la fame cercano di abbandonare la realtà.
THE LAST DROP, attraverso lo sguardo di Fabrizio Spucches, mostra la contemporaneità da un punto di vista completamente nuovo; un presente che è incomprensibile e catastrofico allo stesso tempo, che ci dice che l’ultima goccia della disperazione africana è anche una guerra che si combatte dall’altra parte del mondo.
Un’ultima goccia che è allegoria amara, perché versata su una terra che quella goccia la brama.