ROMA – Se i prezzi delle auto aumentano è tutta colpa (o quasi) della tecnologia. In Italia, secondo l’Osservatorio Autopromotec, nel 2020 i listini delle auto nuove rispetto al 2019 sono cresciuti mediamente del 2,4%. E questo non succede solo da noi. Negli Stati Uniti, secondo una recente analisi pubblicata da Bloomberg Green, nel 2012 oltre il 50% dei nuovi veicoli venduti aveva un prezzo inferiore a 30.000 dollari, mentre nel 2020 oltre il 50% costava più di 40.000 dollari.
La causa principale di questo trend al rialzo, negli Usa come in Europa e nel mondo, sono le tecnologie sempre più sofisticate che le case automobilistiche offrono a bordo delle nuove vetture. Vuoi per gli elevati standard di sicurezza stradale da rispettare, vuoi perché oggi sarebbe impensabile vendere un’auto non connessa, l’elettronica ormai a bordo la fa da padrona. Secondo una ricerca di Deloitte, il costo dell’elettronica entro il 2030 rappresenterà la metà del valore di una nuova auto. Nel 1970 rappresentava appena il 5% e ha raggiunto il 10% nel 1980, con l’arrivo dei sistemi di iniezione elettronica del carburante, per poi raggiungere il 15% nel 1990. Nel 2000, quando gli airbag, i freni antibloccaggio (Abs) e i programmi elettronici di stabilità (Esp) sono diventati sempre più diffusi, eravamo a quota 22%.
Nel 2010, con lo sviluppo dei sistemi avanzati di assistenza alla guida (Adas) e dell’infotainment, l’elettronica rappresentava il 35% del costo di una nuova auto. Oggi si aggira intorno al 40% e il trend continuerà a crescere anche nei prossimi anni. Quindi le auto nuove costano tanto perché hanno a bordo tanta tecnologia e man mano che diventeranno più intelligenti costeranno sempre di più. E non aumenta solo il prezzo delle auto nuove ma anche quello per i servizi di assistenza che, tra il 2015 e il 2020, secondo l’Osservatorio di Autopromotec, è cresciuto del 6%, contro un incremento dei prezzi al consumo del 2,7%. Anche in questo caso la causa è da ricercare nella crescente complessità tecnologica delle auto di nuova generazione, che ha costretto il settore ad investire in attrezzature sempre più sofisticate e formazione del personale altamente specializzata.
Attualmente ogni auto ha a bordo circa 200 sensori che rappresentano un utilizzo annuale nell’industria automobilistica di circa 22 miliardi di sensori. Tutto questo si traduce a livello globale in un mercato di microchip e semiconduttori nel settore automotive che ha superato ormai i 4 milioni di dollari ed è in costante crescita. Secondo Deloitte raggiungerà circa 12,6 milioni di dollari entro il 2027 con un tasso di crescita annuo del 14,2% dal 2020 al 2027.
Il problema è che i principali produttori mondiali di microchip sono in Asia e questo rende l’industria automobilistica europea ancora più esposta sia sul fronte dei prezzi che dell’approvvigionamento. Lo dimostra chiaramente l’attuale carenza di fornitura legata alle conseguenze del Covid, che ha costretto le principali case automobilistiche a tagliare modelli e produzione. Una situazione di debolezza che l’Ue intende superare sostenendo con 50 miliardi di investimenti la produzione europea, per arrivare al 20% dei semiconduttori mondiali entro il 2030.
Nel frattempo però potrebbero arrivare a soccorso anche altre soluzioni tecnologiche in grado di abbassare il costo della tecnologia a bordo. Come la nuova 4D Imaging Radar-on-Chip (RoC) sviluppata dalla società israeliana Vayyar e già pronta per la produzione, che offre la prima piattaforma multifunzionale al mondo in grado di sostituire fino a sette sensori e supportare contemporaneamente più applicazioni con un unico chip. Un’evoluzione che, abbattendo i costi, potrà permettere in futuro anche alle vetture più economiche di usufruire degli stessi sistemi di assistenza alla guida ora disponibili sulle auto di fascia alta.
Fonte www.repubblica.it