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Fiorio: “La mia sfida in Formula Uno con l’Alfa Romeo

ROMA — Uomo di marketing. Conoscitore di sport e soprattutto della cultura sportiva e dei suoi valori. Cristiano Fiorio, cognome importante nella storia dell’automobilismo, da fine luglio è stato nominato responsabile del progetto F1 dell’Alfa Romeo. Classe 1972, figlio d’arte. Suo padre, Cesare di cui porta con orgoglio il cognome, è molto noto agli appassionati di Formula 1, essendo stato al timone della scuderia Ferrari dal 1989 al 1991 (36 Gp, 9 vittorie e 25 volte sul podio) e prima ancora responsabile dell’intera attività sportiva di Fiat Auto vincendo 18 titoli mondiali: 10 mondiali rally costruttori di cui sette con Lancia, 5 titoli riservati ai piloti e 3 titoli marche con Lancia nel mondiale Endurance. Oggi, Cesare Fiorio ha 82 anni e da 20 si è trasferito in Puglia nella tenuta di famiglia dove si occupa della Masseria Camarda.

Cesare Fiorio, padre di Cristiano, è stato direttore sportivo della Ferrari dal 1989 al 1991 (nella foto con Alain Prost)  

Cristiano è il secondo figlio (il primo, Alex è del 1965, anche lui è stato un pilota Rally, campione mondiale del Gruppo N nel 1987) ed è arrivato in Fca nel 2013 dove ha percorso diverse tappe. È stato responsabile Brand Marketing Emea, poi dell’advertising, digital, eventi e sponsorizzazioni. Nel novembre del 2019 è stato anche a capo del team che ha curato il lancio della Nuova 500 elettrica. Ora approda all’Alfa per il progetto decisamente più importante di tutti: gestire la sponsorizzazione della casa di Arese. L’obiettivo? «Massimizzare i risultati ed il ritorno sull’investimento, con un progressivo miglioramento anno dopo anno».  Un’avventura tutta da scrivere.

Sente già una bella responsabilità?

«Sto vivendo un misto di sentimenti. Ho sempre cercato di far bene con grande senso di responsabilità. Appena sbarcato in Alfa, naturalmente sono subito spuntati gli immancabili paragoni con il passato e con quanto ha fatto mio padre nel mondo delle corse. E’ normale e me l’aspettavo. Ciò che sento di avere, invece, è una grande responsabilità nei confronti dell’azienda, della sua lunga storia e poi nei confronti della mia famiglia».

A proposito di famiglia, cosa le ha insegnato suo padre?

«Mi ha sempre insegnato a lavorare sodo cercando di studiare molto bene le varie situazioni con cui ho avuto a che fare. Soprattutto mi ha spinto a cercare sempre di non fare mai quello fanno tutti. Mi ha trasmesso anche una grande voglia di vincere. Anche questa è una responsabilità. Soprattutto nei confronti di Imparato (il Ceo dell’Alfa Romeo, ndr,) che mi ha dato questa possibilità».

Cosa si porterà dietro del suo passato?

«Ho lavorato per 17 anni seguendo le corse, dal motomondiale ai piloti di Formula 3. Ho fatto tante esperienze sportive ma la Formula 1 è tutta un’altra cosa. Una sfida diversa. Abbiamo una pressione molto forte e l’obbligo di essere sempre al top. Sono sicuro che saranno anni interessanti. Con il cambio macchina e le nuove regole tutto diventerà più divertente. Ci sarà più battaglia e tutti avranno più possibilità».

E l’Alfa in tutto questo che ruolo avrà?

«Per noi è una sfida appena iniziata. C’è una grande scalata da fare e poco tempo a disposizione ma noi dobbiamo essere all’altezza con tutta la squadra. Pronti e responsabili».

Che differenza pensa che ci siano tra la F1 di oggi e quella di suo padre?

«Oggi ci sono maggiori disponibilità economiche per i team. E soprattutto c’è una professionalità che si è evoluta tantissimo. La F1 ha un palcoscenico straordinariamente importante a livello mediatico. Insieme ad un altissimo livello di organizzazione e di marketing. Muove grandi interessi a livello economico. Insomma, è uno sport che ha una grandissima forza in ogni suo aspetto. In F1 ci sono appena dieci team e 20 piloti. Ma sono tutti “super eroi”, gli uomini più tecnologici e performanti dell’intero mondo sportivo. Sono astronauti, una sorta di Avengers. Un concetto che ancora non è passato e, dunque, la nostra sfida sarà anche quella di comunicare questa differenza».

Quanto conta il marketing?

«Può valere tantissimo. La Formula 1 è lo sport che è cresciuto di più per interesse tra la fascia dei 16-35 anni. Un target che non guarda solo all’aspetto sportivo ma anche alla bellezza delle auto. Pubblico interessato a sapere cosa c’è dietro un modello, gli uomini che ci lavorano».

E in tutto questo che peso potrà avere il valore di un marchio come l’Alfa Romeo?

“Può contare molto ma deve essere un valore molto alto».

E cosa avete in mente da mettere in relazione con la F1’?

«Creeremo una nostra serie tv “Alfa F1, dietro le quinte” che racconterà tutto il mondo delle corse. Da come si disegna una macchina a quanto è importante renderla performante e soprattutto più bella. Il livello tecnologico della macchina da corsa si alza continuamente ma è coerente con elettrificazione del marchio».

Quindi un rapporto stretto anche con i modelli stradali?

«Certo, è proprio su quelli che dobbiamo trasferire la tecnologia della Formula 1: dentro ogni modello stradale ci dovrà essere un pezzettino di F1. Senza mai perdere però il piacere di guida sportiva e sicura. È un passaggio molto importante e fondamentale per l’investimento. Più riusciamo a farlo, maggiore sarà il risultato».

Torniamo alle corse. Come sarà la nuova Alfa di F1?

«Spero che la nuova macchina del 2022 vada nella direzione delle prestazioni. Qualcosa di innovativo e azzardato. Componenti più divertenti di guida ma sempre con la possibilità di governare la macchina. Nei prossimi anni si lavorerà molto sulla ricerca tecnologica. Anche il cockpit, ovvero il posto di guida e i comandi, altra componente standardizzata, potrebbe cambiare. Non vorrei mai la complessità sulle nostre auto. La base del divertimento è avere quello che ti serve. Per questo l’Alfa andrà nella direzione del grande piacere di guida, eliminando tutto ciò che non serve».

Esiste secondo lei il “rischio noia” per i gran premi?

«Non direi proprio. Il lavoro che sta facendo Stefano Domenicali (amministratore delegato del Formula One Group, ndr,) va proprio nel senso opposto. La Fia ha già fatto vari tentativi per rendere sempre più spettacolari le corse. Per esempio, mi piacerebbe vedere sempre di più una F1 con più vincitori. Farne parte e rimanerci deve essere l’obiettivo e il piacere di tutti. Qualcosa di straordinario come è la F1, una sorta di industria aerospaziale. Straordinariamente tecnologica».

Insomma, anche la F1 dovrà alzare l’asticella?

«Certamente. Pensiamo al paragone con gli altri sport. Il Superbowl o la Champions League con le finali fanno milioni di spettatori. La F1 ogni week end fa cento milioni di spettatori. A fine stagione oltre un miliardo e mezzo di visualizzazioni. È uno sport che sta conquistando nuovi spazi e target nuovi. Proviamo a coinvolgere altri mondi, non solo quelli sportivi e prestazionali. La nostra non è specializzazione. La Formula 1 va oltre».

Come l’auto in generale. Cambiare per non morire, qualcuno ha detto così…

Fonte www.repubblica.it

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