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Gigafactory, la vera sfida per il futuro dell’auto elettrica

MILANO – Sembra banale, ma l’affermazione che la cosa più importante in un veicolo elettrico sono le batterie è molto più seria e profonda di quanto si creda. È così da quando, già alla fine dell’Ottocento, si era capito che il motore elettrico andava “di più” e molto meglio di uno a combustione ma aveva il suo tallone d’Achille nella difficoltà di portarsi dietro l’energia necessaria per marciare. In pratica una superiorità resa “impraticabile” dal problema delle batterie che si è trascinato per quasi un secolo e mezzo (intercalato da qualche ritorno di fiamma senza successo).

Oggi i tempi sono cambiati e la svolta elettrica è diventata una realtà incontrovertibile, cosa che ha messo il problema delle batterie al centro della trasformazione che coinvolge l’intera industria dell’auto. Per un costruttore avere le batterie non è solo indispensabile, ma questo componente e le sue “prestazioni” sono l’elemento decisivo delle caratteristiche funzionali di qualsiasi veicolo elettrico o anche solo ibrido; non deve quindi sorprendere se fra i grandi gruppi di è scatenata la caccia all’accaparramento delle tecnologie e delle forniture più efficienti. Una specie di corsa all’oro dalla quale dipenderà la possibilità di mettere in pratica con successo la transizione elettrica.

Attualmente ci sono in tutto il mondo oltre un centinaio di stabilimenti per la produzione e l’assemblaggio delle batterie che non saranno sufficienti a soddisfare le necessità dell’intero sistema automotive; c’è poi il problema di non lasciare una fornitura così strategica nelle mani di pochi “esterni” (in particolare cinesi) e di avere il controllo e la possibilità di sfruttare tempestivamente il progresso tecnico. Tutto crea un quadro in rapidissima evoluzione nel quale i grandi gruppi, soprattutto europei sono in primo piano.

La neonata Stellantis ha già messo in atto una joint venture con il gruppo petrolifero Total, la ACC, con due impianti a Douvrin in Francia e a Kaiserslautern in Germania, mentre si sta avviando il progetto di un polo-batterie in Italia. Il gruppo Volkswagen, per fare un esempio, dispone già di sei impianti che si occupano anche del riciclaggio delle batterie esauste e, nell’ambito dei brand associati, Porsche ha stretto un accordo con Customcell, specialista delle batterie ad alte prestazioni.

Nel caso di Volvo, che ha ufficializzato la sua vocazione elettrica, le forniture saranno garantite dalla svedese Northvolt che fornisce anche BMW. Quest’ultima, a su volta, ha una strategia ad ampio respiro che comporta diversi fornitori (CATL, LG, Samsung e Northvolt) e addirittura l’acquisto diretto delle materie prime (come il preziosissimo litio etc.) per alimentare la produzione di batterie.

Forte impegno anche da parte di Ford che, oltre a creare la società BlueOvalSK per la produzione negli Usa, ha stretto accordi con gli specialisti di batterie allo stato solido Solid Power e istituito il Ford Ion Park per la ricerca avanzata nel settore.

Non solo Tesla, quindi, che da una posizione di avanguardia ha ora difficoltà a sviluppare il proprio centro europeo di Berlino, ma un impegno diffuso con il quale i grandi nomi dell’auto classica intendono riprendere il controllo delle nuove tecnologie e restare protagonisti nel mercato del futuro.

Fonte www.repubblica.it

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