MILANO – Chiunque ama gli orologi sa che un bel cronografo meccanico ha un fascino che nessun “quarzo” potrà mai avere; anche oggi, in tempi di smartwatch, nessuno nega che il digitale fa tantissime cose e meglio, però se si guarda il quadrante di un pregiato Patek Philippe o di un Franck Muller (questione di gusti, ovviamente, ciascuno ha il suo ideale da polso) il fatto che segni l’ora e solo quella non è quello che giustifica la scelta.
Parliamo di cultura estetica e di quello che siamo abituati a considerare “bello” anche indipendentemente dalla funzione e l’automobile è uno dei casi più clamorosi nei quali la tecnologia non è riuscita a scalzare il gusto tradizionale ma, al massimo, lo ha declinato in modi più o meno evoluti.
Quando ci si siede al volante la prima cosa è guardare davanti a se: non oltre il parabrezza ma appena sotto e attorno, per apprezzare l’ambiente, l’arredamento e stabilire il contatto visuale fra se e la “macchina”. Da questo punto di vista l'”arredamento” sono i comandi e quella che tecnicamente continua a essere chiamata strumentazione anche se, come nel caso degli orologi, funzioni e look si sono evoluti in modo radicale.
Il cruscotto si può dire sia vecchio quanto l’automobile, almeno da quando la semplice paratia di legno che delimitava l’abitacolo davanti al guidatore è diventata il supporto per tutto quanto poteva servire per controllare o far funzionare la meccanica; e più la meccanica era complessa più numerosi e complessi erano gli strumenti che trovavano posto sul cruscotto.
Il culto degli “orologini”, non a caso ispirati proprio ai classici orologi, è partito da lì, dai primitivi indicatori a lancetta la cui varietà e ricchezza sono diventate il simbolo di un’automobile meccanicamente sofisticata, fatta per appassionati che vogliono avere tutto sotto controllo: velocità, temperature, pressioni, livelli e tutto quello che serviva a informare il pilota sullo stato del motore.
Dai primi cruscotti è passato più di un secolo e un numero imprecisato di mode, nel tentativo di innovare graficamente gli strumenti e renderli più o meno spettacolari, con soluzioni anche bizzarre. Prima con sistemi meccanici con indicatori lineari, a disco, a tamburo rotante, poi con accorgimenti luminosi; fino a quando l’elettronica e i Led hanno dato spazio a qualsiasi fantasia di design. Anche in questo caso con un certo parallelismo con quanto avveniva per gli orologi “moderni”.
Questione di estetica quindi, più che di tecnica, tanto che un cruscotto bello e ricco non necessariamente corrisponde a vantaggi in fatto di funzionalità e questa è una costante assoluta perché, ieri come oggi, è il colpo d’occhio che comanda e, in fondo, è tutto da dimostrare che conoscere a fondo qualsiasi parametro della meccanica serva a migliorare la guida. Conta piuttosto l’effetto che fa, le lancette che si muovono, il gioco di luci, la consapevolezza di poter avere informazioni sulle cose più intime e nascoste del nostro motore.
Il passaggio all’era digitale ha rappresentato l’apoteosi della fantasia al potere, trasformando il cruscotto in uno schermo dove è possibile far apparire tutto quello che si vuole e, soprattutto, come si vuole. Un sollievo per i designer che non sono più costretti a scegliere un’unica grafica “fissa”, per la semplice ragione che ciascuno può scegliersi la sua, impostarla e cambiare idea, rappresentare quello che serve o che semplicemente piace.
Il futuro, a partire dalla guida autonoma, fa immaginare l’eliminazione del volante e, di conseguenza, decreterebbe l’inutilità di un cruscotto come lo si è sempre inteso. La tendenza è per la trasformazione dell’intera plancia in uno schermo multifunzionale al quale affidare non solo compiti “di servizio” ma anche quello di contribuire a creare un ambiente di bordo adeguato alle condizioni di viaggio. In pratica dalle funzioni touchscreen alla riproposizione dello schermo del proprio computer, ma anche prestarsi alla creazione di sfondi di ogni genere.
Se da un lato l’addio agli strumenti tradizionali ha avuto come conseguenza l’enorme ampliamento delle possibilità di scelta dell’automobilista su cosa visualizzare nella strumentazione, dall’altro non ha assolutamente cancellato l’attrazione per i classici “orologini”, tant’è vero che fra le infinite opzioni degli attuali cruscotti digitali non manca mai una grafica che ripropone le amate lancette con la loro scala rotonda, che richiamano il fascino immortale delle vecchie auto e del fedele meccanismo che portiamo al polso.Fonte www.repubblica.it