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No chip, no elettriche, l’industria dell’auto taglia la produzione

DETROIT –  Niente chip, niente auto elettriche. Ciò che all’inizio era sembrato un caso isolato ora sta assumendo le fattezze di una crisi globale, che coinvolge molte case automobilistiche costrette a rallentare se non addirittura a fermare la produzione di auto elettriche. L’ultima in ordine di apparizione è GM, chiamata a fare il punto sull’impatto che la scarsità di semiconduttori sta avendo sui livelli di produzione negli stabilimenti di Fairfax (Kansas), di CAMI (Ingersoll, Ontario) e di San Luis Potosi (Messico). “Nonostante i nostri sforzi, la carenza di semiconduttori avrà un impatto sulla produzione di GM nel 2021”, fa sapere la casa di Detroit, precisando che le forniture di semiconduttori per l’industria automobilistica globale “rimangono molto fluide e la nostra organizzazione della catena di approvvigionamento sta lavorando a stretto contatto con la base di fornitura per trovare soluzioni relative ai requisiti dei semiconduttori stessi e per mitigare gli impatti su GM. Il nostro obiettivo è continuare a produrre i modelli più richiesti inclusi i Truck full size, i Suv e le Corvette per soddisfare i nostri clienti”. Tuttavia per gli impianti citati saranno adottati tempi di inattività su tutti i turni, a partire da lunedì 8 febbraio, così come la fabbrica di Bupyeong 2 in Corea, che opererà a metà della capacità a partire dalla stessa settimana.

Ma perché questo crollo improvviso nella fornitura  dei chip? Ancora una volta la risposta sta nella pandemia, ancora in corso. Dopo le prime ondate di Covid, le richieste di tecnologia sono aumentate in maniera maggiore rispetto alle previsioni, mentre le aziende attive nella realizzazione di semiconduttori riducevano allo stesso tempo la produzione. Il lockdown ha determinato inoltre la crescita delle vendite di apparecchiature elettroniche come computer portatili e console per videogiochi, determinando un’inaspettata mole di richieste nelle ultime settimane. Insomma un collo di bottiglie all’interno del quale è finito fatalmente l’industria di auto elettriche. Anche Subaru è stata infatti costretta a rivedere al ribasso le stime sui ricavi. Per l’anno fiscale in corso le previsioni sulle vendite scendono di 43mila unità a 868mila veicoli; una dinamica che ha riguardato nelle scorse settimane anche Toyota, Nissan, Honda e Mazda sul mercato domestico, dopo il blocco forzato degli impianti provocato dalla pandemia del coronavirus. La mancata disponibilità dei chips comporta una correzione delle stime sui profitti a 75 miliardi di yen (590 milioni di euro) dai precedenti 80 miliardi, ha comunicato Subaru, e del fatturato a quota 2.850 miliardi per l’esercizio che si conclude al 31 marzo; 100 in meno rispetto alle stime iniziali.

A livello globale il costruttore nipponico produrrà 823.00 veicoli, il 20% in meno rispetto all’anno precedente, e per aggiornare i nuovi parametri diminuirà il ricorso agli straordinari e i turni dei lavoratori nei fine settimana nello stabilimento di Gunma, nel Giappone centrale, e nella fabbrica statunitense dell’Indiana. “Attualmente la nostra catena produttiva si concentra sui modelli di alta fascia, con una maggiore dipendenza dai semiconduttori”, ha spiegato il direttore finanziario Toshiaki Okada, che si detto poco fiducioso sul ritorno alla normalità nel breve termine. Per il periodo tra aprile e dicembre l’utile operativo di Subaru è calato del 36,5% a 98 miliardi di yen, e il fatturato ha visto una flessione del 16,5%.  (f.p.)

Fonte www.repubblica.it

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