ROMA – Veder passare un’auto con più di 20 anni di età senza che arrivi alcun minimo rumore da sotto il cofano: alcuni lo chiamano sacrilegio, altri business emergente. È il retrofit elettrico o, per meglio dire, Heritage alla spina. Un trend in ascesa nel Belpaese, in mano a poco più di 20 officine. Molte aziende specializzate, infatti, rimaste vittima dei tempi sempre più difficili per le vetture d’epoca – blocchi della circolazione, emissioni di C02 alle stelle, pezzi di ricambio ormai introvabili anche nel mondo del web -, hanno preso di petto la situazione, iniziando a proporre cuori puliti e pulsanti per le vecchie signore. Niente da dire. Diventate in un batter d’occhio più contemporanee, fruibili e divertenti, oggi hanno colpito parecchi amanti del classico: romantici o rivoluzionari, chi, a quelle vetture in grado di far emozionare, ha voluto concedere un nuovo capitolo da vivere.
Una cosa è certa. Ad oggi il retrofit elettrico, arrivato ben prima che le case auto lanciassero l’evoluzione alla spina dei modelli che hanno fatto la storia o che sposassero ufficialmente il concetto, si propone come un’ottima continuazione per il settore. La trasformazione è partita 5 anni fa, ai sensi del decreto del Ministero dei Trasporti del 1° dicembre 2015 n.219 e dei successivi regolamenti di attuazione. Con questo molte officine hanno cavalcato con molta più facilità l’onda – sviluppata dapprima in paesi come Gran Bretagna e Germania – utilizzando per l’impianto kit già omologati: una vera e propria semplificazione che comporta, dopo il montaggio, solo la modifica della carta di circolazione senza l’omologazione della vettura come esemplare unico. L’automobile, infatti, ora viene portata alla Motorizzazione dall’installatore stesso, secondo procedure già collaudate con le trasformazioni a GPL o Metano.
Capito come nasce, come funziona, chi ha dato lo sprint a tutto questo? Era il 19 maggio del 2018, quando fu la Casa Reale britannica a mettere il fenomeno sotto i riflettori. Il principe Harry portò ancora una svolta di innovazione nella dinastia, proprio il giorno del suo matrimonio: il più piccolo della famiglia scelse di convolare a nozze con una Jaguar E-type Roadster silenziosissima, ma in grado di fare più scalpore che mai. Lo zampino è stato della divisione Classic di Jaguar-Land Rover, che oltre al restauro si occupa anche dell’ elettrificazione: la Zero Concept, realizzata nel 2017, è partita da una E-Type serie 1.5 del 1968, con motore elettrico da 220 kW (pari a 295 Cv) e batterie agli ioni di litio da 40 kWh per 270 km di autonomia. Qui si tratta ovviamente di un esemplare unico, che oltre ad aver fatto cadere cliché – c’è pure chi ha pensato che dietro il retrofit delle auto d’epoca ci fossero motivi di risparmio -, è stato anche in grado di ispirare aziende come la Garage Italia di Lapo Elkann. In Italia, negli ultimi anni, infatti, sono diventati sempre più popolari progetti come Icon-e, nato nello specifico unendo nozioni chiave come il “re-use” e l’“upcycling” e proponendo di creare sogni a quattro ruote fatti di artigianalità e Made in Italy.
“Ci rendiamo conto che le persone ancora oggi adorano alcune auto storiche che sarebbero però difficilmente guidabili. Abbiamo quindi voluto rendere fruibili le macchine che continuano ad emozionare intere generazioni, con la qualità, lo stile e la filosofia che contraddistingue Garage Italia”, chiarisce Carlo Borromeo, Direttore del Centro Stile. Non solo mondo 500, per dirla tutta. Nello scorrere del sito, la Panda 4×4 Icon-e, ad esempio, sembra che abbia ancora storie da aggiungere. La piccola arrampicatrice, diventata icona del design italiano grazie a Giugiaro, al posto del termico può vantare una power unit elettrica sviluppata in collaborazione con Newtron Group, per una velocità massima di 115 km/h e un’autonomia di circa 100 km nel ciclo WLTP: un nuovo start alle scorrazzate nei viottoli più scoscesi dei centri storici. ZTL comprese.
Ovviamente, come detto, non bisogna essere per forza principi o cultori dello stile per continuare a far vivere le automobili di una volta a cui si è affezionati: continuano a sorgere officine specializzate per questi gioiellini tutelati dallo stato, per cui non si paga la tassa di possesso e le assicurazioni sono più economiche. Rimane, dunque, al possessore la scelta se restaurarli e tenerli custoditi come un prezioso, oppure regalargli una pensione fuori il garage per rivivere ancora il passato in modo inedito: qui le signore di una volta scendono in strada con una nuova energia sotto il cofano, senza nulla da invidiare ai veicoli di nuova generazione. Anzi. Molti appassionati lo chiamano spreco e disprezzo della tradizione? Per molti altri è la nuova frontiera dell’heritage: fatta di romanticismo, ricordi e storia. Il vero lusso è tenere vivo tutto questo.
Fonte www.repubblica.it