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Vuoi rivendere l’auto? Ecco quanto conta il colore

ROMA – Se si acquista un’auto con l’intenzione di rivenderla entro qualche anno, per evitare un deprezzamento precoce dell’usato si sa che marca e modello fanno la differenza. Ora però uno studio rivela che anche il colore di una vettura può incidere in maniera rilevante sul suo valore di rivendita. Per esempio, al contrario di quanto normalmente si pensa, tra le vetture che tengono meno il prezzo ci sarebbero  quelle nere e bianche, mentre quelle con colori vivaci, come il giallo e l’arancione, si rivenderebbero ad un prezzo più alto.

Sembra strano, ma è quanto emerso da una recente analisi della società di ricerche automobilistiche iSeeCars, che ha preso in esame oltre 700mila annunci di auto usate scambiate tra il 2017 e il 2020, tutti catalogati per colore e segmento. Certo a giocare un ruolo importante nell’assegnare un potenziale maggior valore di mercato ad una vettura gialla, arancione o rossa sarà stato anche l’aspetto “rarità”, visto che la stragrande maggioranza di quelle che circolano su strada sono vetture nere, argento o bianche.

Fatto sta che, tra le 13 colorazioni prese in esame dallo studio, quelle più ‘accese’ risultano le migliori nel mantenere il valore dell’usato. Al top della classifica si collocano le auto di colore giallo che, rispetto al valore del nuovo, risultano in tre anni le meno deprezzate (-20,4%). Così come hanno tenuto bene il valore di mercato le auto arancioni (-27,1%), rispetto alle più popolari verdi (-31,3%) e grigie (-36,4%). Anche quelle rosse (-36,9%) in tre anni si sono svalutate meno rispetto alle auto blu (-37%) e alle argento (-37,6%).

Secondo lo studio di iSeeCars, tengono invece stranamente il prezzo anche le auto di color beige (-22,8%), collocate in classifica al secondo posto dopo le gialle. Tra i colori più soggetti a svalutazione del prezzo dell’usato compaiono invece il bianco (-38%) e il nero (-38,4%), seguiti dalle auto viola (-41,2%), marroni (-42,1%) e oro (-45,6%), fanalini di coda della classifica.

Fonte www.repubblica.it

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