ROMA – La sfida della sostenibilità, la prima Lamborghini elettrica e la grande forza del made in Italy. Stephan Winkelmann, tornato al vertice della casa di Sant’Agata Bolognese (gruppo Volkswagen) lo scorso dicembre (l’aveva già guidata dal 2005 al 2016 per poi passare alla presidenza di Audi Sport) anticipa alcuni punti della strategia dei prossimi anni.
Che Lamborghini aveva trovato nel 2005?
“Quando arrivai nel 2005 la Lamborghini era un’azienda che aveva due modelli e vendeva 1600 auto. C’era tanto lavoro da fare. Soprattutto bisognava traghettarla in acque più sicure. E per farlo serviva assolutamente il terzo modello. C’è voluto molto tempo ma poi quando il nostro primo Suv Urus, nel 2018, è arrivato sul mercato è cambiato tutto. Abbiamo moltiplicato vendite e fatturato. E il 2020 è stato addirittura il migliore anno per profittabilità
E ora?
“Appena rientrato ho iniziato immediatamente a discutere con il management su come portare la nostra azienda al prossimo livello. I nuovi passi da fare e soprattutto come affrontare la sfide della sostenibilità. Quindi il contenimento della CO2. Un obiettivo difficile per tutti ma ancora di più per un marchio di supersportive come Lamborghini che ci obbliga a mantenere invariato il nostro dna prestazionale che è il sogno di tutti i nostri clienti. Cambiare tutto per rimanere gli stessi”.
Quale è stata la ricetta che ha trasformato Lamborghini?
“Innanzitutto un lavoro certosino sul marchio, estremamente forte sul territorio. Poi abbiamo cambiato l’immagine qualitativa del nostro prodotto, introdotto un design molto riconoscibile e diverso dalle altre super sportive. Abbiamo puntato sulla diversificazione con investimenti mirati che hanno creato vetture molto equilibrate su assetto, peso potenza. Tutte insieme queste cose hanno fatto il successo”.
Soprattutto la scelta di produrre un Suv
“Indubbiamente. L’avevamo in testa già nel 2008, quando al salone di Parigi abbiamo presentato una concept di limousine, la Estoque, una prima idea per uscire dall’ambito delle super sportive strette. Poi tutto è stato rimandato a momenti migliori che sono arrivati nel 2018 con la Urus”.
Quindi quali saranno i prossimi passi?
Siamo pronti per la seconda fase che sarà divisa in due atti. Il primo, compreso tra quest’anno e il prossimo con una serie di lanci di vetture a combustibile ma sempre più performanti. Il biennio successivo, 2023-2024, sarà invece quello più importante. Quello del primo grande cambiamento”.
Cosa accadrà?
“Durante questi due anni vogliamo ibridizzare completamente la nostra gamma con versioni plug-in. Mantenendo ovviamente invariate performance e guidabilità ma riducendo drasticamente, di almeno il 50 per cento, le emissioni di CO2”.
Poi anche per voi sarà la volta dell’elettrica?
“Certo. La visione va oltre nella seconda parte del decennio quando arriverà il quarto modello, una Lamborghini completamente elettrica e diversa da tutte le altre.
In che senso?
“Non sarà una supercar come quelle viste finora ma apparterrà a un diverso segmento. Sarà una 2+2, dunque una grande novità che ci porterà a fare degli enormi investimenti: circa un miliardo e mezzo di euro per la crescita. Un investimento su Sant’Agata, sulla fabbrica italiana perché questo per noi ha un enorme valore. Un fiore all’occhiello per il mondo Lamborghini. Un punto di forza della nostra immagine e della nostra strategia”.
Un’altra scelta importante
“Una grande responsabilità per il futuro ma sono convinto che sarà vincente. Come quella di dividere in due la gamma prodotto. Da una parte Hurancan, Aventador e Urus, dall’altra il futuro quarto modello.
Il motivo?
Soprattutto uno. Dobbiamo vedere lo sviluppo della benzina sintetica per le nostre super sportive. In altre parole, se il motore a scoppio può continuare ad esistere abbattendo ancora di più le emissioni di CO2. Per questo non vogliamo precluderci nessuna possibilità. E per lo stesso motivo non diciamo che dal 2030 la gamma Lamborghini sarà tutta elettrica”.
Fonte www.repubblica.it