A 45 anni dalla sua pubblicazione, esce per Sony Music / Legacy Recordings uno dei più grandi capolavori della discografia rock italiana: LA TORRE DI BABELE, album iconico della carriera di EDOARDO BENNATO, fuori venerdì 8 ottobre su tutte le piattaforme digitali e nei negozi di dischi in una speciale edizione celebrativa con la rimasterizzazione dei nastri originali e con 16 brani live, pubblicato in doppio CD, in LP+CD e in digitale.
Edoardo Bennato, il punto di riferimento dell’anticonformismo musicale e ideologico, nel 1976 pubblica LA TORRE DI BABELE, disco cult, successo che ha delineato i tratti artistici somatici del grande rocker italiano.
Era il 1973 quando Edoardo riceveva la raccomandazione dall’allora Direttore della Ricordi Lucio Salvini di riprendere gli studi di Architettura, lasciare così il suo mondo di canzoni e canzonette. Poche copie vendute, timido riscontro da parte del pubblico. Ad un certo punto accade qualcosa e quel qualcosa fu, ancora una volta, uno dei tanti sintomi della sua follia geniale, quella che ha sempre contraddistinto l’artista: chitarra in mano, tamburello ed armonica, Bennato si piazza di fronte la sede Rai di Viale Mazzini a Roma. Torna alla riscossa la Ricordi che concede un’altra chance all’artista e arrivano così anche i dischi, uno dopo l’altro, sempre ricchi di analisi spietate sull’umanità, su quegli anni così difficili dal punto di vista culturale, politico e ideologico.
“Con La torre di Babele volevo provare a spiegare il senso biblico di un’umanità cieca nella sua rincorsa alle armi, tale da arrivare a sfidare la divinità stessa in un escalation incontrollata ed incontrollabile. Gli uomini arrivarono a concepire di costruire un torre talmente alta da arrivare al cielo ed a Dio – spiega Edoardo, autore persino della copertina del suo album, così come quasi di tutte le cover della sua discografia – In copertina disegnai l’umanità dedita alla guerra, un immaginario scatto fotografico della famiglia umana e la sua innata propensione bellica. Si parte dall’uomo di Neanderthal in basso a sinistra e poi man mano che ci si sposta da sinistra a destra e dal basso verso l’altro, le armi diventano sempre più sofisticate. È un’immagine che rappresenta il concetto biblico della Torre di Babele, con gli uomini determinati a sfidare la natura e Dio stesso, che alla fine li punì per questa loro presunzione. Tutti i brani di questo disco seguono un filo conduttore ben preciso e riflettono la mia posizione in contrapposizione ad ogni forma di conflitto. Avevo intuito il modo migliore per descrivere i mali della società era quello di ridicolizzarli ed è per questo che le varie canzoni trattano in modo provocatorio ed ironico i vari argomenti legati alla guerra ed all’odio tra i popoli che non riescono a comunicare tra loro e quindi sentono l’esigenza di confrontarsi con la forza”.
L’album viene pubblicato in un’epoca storica caratterizzata da inquietudini sociali, dalla manifestazioni studentesche animate e da uno stato di instabilità politica, alle porte degli Anni di Piombo.
La cover de La Torre di Babele rappresentava dunque la progressione dell’uomo nella sua ricerca e costruzione delle armi in tutta la sua fase evolutiva; “costi quel che costi”, come canta Edoardo, gli uomini dovevano costruire una torre che arrivi fino al cielo per sfidare l’entità divina e dimostrare la superiorità dell’uomo “su ogni altro animale”.
Di grande valore storico e narrativo sono le due registrazioni realizzate tra il 1976 e il 1977, in compagnia del bluesman italiano, Roberto Ciotti, e con il percussionista e cantautore Tony Esposito, recuperate da Edoardo e dal fratello Giorgio Bennato, presenti nella nuova edizione de “La torre di Babele”.
“Nel mio percorso musicale mi sono spesso circondato di grandi chitarristi, forse perché personalmente non sono mai stato un grande virtuoso. Lucio Bardi, poi nel 1976-77 Roberto Ciotti, il più grande bluesman italiano. Ricordo che con Lui fummo invitati al Festival di Montreaux: io suonavo chitarra, tamburello a pedale e armonica, mentre Roberto suonava la chitarra – ricorda, Edoardo – Fu un’esperienza pazzesca e molto formativa per noi. Il prestigio di esibirsi in una cornice così importante. Non tutti comprendevano la lingua italiana dei testi delle canzoni, ma il nostro modo di suonare era spettacolare e coinvolgeva tutti, anche gli stranieri. Quella cosa mi aprì le porte dell’Europa e negli anni successivi riuscì ad esibirmi in grandi Festival ed addirittura negli stadi in Svizzera, Germania ed Austria. Sono sempre stato circondato dagli amici del cortile di Bagnoli. Non ho mai avuto manager ufficiali e rappresentanti istituzionali del mondo discografico, sicuramente perché ho sempre saputo che avrei dovuto interagire con persone fidate, data la mia natura artistica che è sempre stata quella di andare contro corrente. Le case discografiche, un manager nel senso più classico del termine non avrebbero mai approvato le mie decisioni. Questo aspetto piaceva molto a Fabrizio De André, che come me non ha mai avuto un grande rapporto con l’establishment discografico. Amava il nostro spirito ed il modo con cui affrontavamo questo mestiere”.
Sarcasmo e ironia sono tratti distintivi dell’opera del cantautore di Bagnoli, che accende il riflettore su un periodo travagliato e caotico.
Lo storytelling di questo progetto celebrativo si snoda su due versanti, sul racconto di due aspetti principali: da una parte la ricostruzione dei temi affrontati e di come è nato il disco, dall’altra invece c’è un aspetto legato ad un fenomeno politico, culturale e sociale, quale quello degli “Autoriduttori”, movimento politico e ideologico contro ‘la mericificazione anti-democratica della musica”, proponendo al pubblico di usufruire dei concerti senza pagare il biglietto di ingresso.
Paolo Maiorino, discografico che ha curato il progetto, racconta: “La torre di Babele ha significato per Edoardo Bennato l’album della definitiva maturazione artistica. Precede di un anno Burattino senza fili, un altro capolavoro destinato a diventare l’album più venduto del 1977. Ma l’importanza musicale e tematica di questo lavoro del 1976 riveste un ruolo fondamentale non solo nella discografica bennatiana, ma di tutta la musica italiana degli anni 70. Ripercorrere insieme a Edoardo la genesi di questo disco iconico ha permesso da una parte di ricostruirne la storia e gli aneddoti, ma anche di puntare il riflettore su un fenomeno politico e socio culturale come quello legato agli “Autoriduttori”. Un movimento che caratterizzò e condizionò una parte sostanziale della musica dal vivo nel nostro Paese per un intero decennio. Ecco dunque che la storia di Edoardo Bennato è specchio di ciò che coinvolse anche altri artisti, da Francesco De Gregori a Eugenio Finardi, da Antonello Venditti a Lucio Dalla e molti altri. I due episodi di straordinaria rilevanza storica recuperati grazie agli archivi di Giorgio Bennato, testimoniano non solo in maniera narrativa, ma anche e soprattutto “musicale” un periodo di profonde tensioni sociali che di lì a poco sarebbe sfociato nei cosiddetti Anni di Piombo. Ancora una volta la musica come strumento di analisi e memoria storica di fatti ed eventi che hanno caratterizzato un’epoca”.