L’ex bassista dei Beatles riattraversa Abbey Road, set di una delle fotografie più famose della storia della musica, copertina dell’ultimo album dei Fab Four. Un’immagine entrata nella storia, che cela i segreti della leggendaria morte di McCartney
Paul McCartney riattraversa Abbey Road, ritornando sul set di quella foto, scattata l’8 agosto 1969 da Iain Macmillan, che sarebbe diventata la copertina dell’ultimo album dei Beatles, nonché una delle immagini più iconiche della storia della musica. Lo fa per promuovere il suo nuovo disco, in uscita a settembre, con un video su Instagram che lo riprende mentre cammina sulle strisce pedonali più famose al mondo, tra la folla in visibilio: d’altra parte, quarantanove anni dopo quella celebre passeggiata, chi si sarebbe mai aspettato di rivedere Sir Paul tornare, vivo e vegeto, sulla scena del suo funerale pop?
Perché Abbey Road non è stato solo un disco, l’ultimo inciso in studio dai Fab Four, il decimo della loro carriera. Per molti dietrologi della breve, ma ricchissima storia della band di Liverpool, quell’immagine contiene alcuni degli indizi più provanti la morte di Paul McCartney. Secondo la leggenda, infatti, il bassista dei Beatles sarebbe morto nel 1966 a seguito di un incidente stradale e il suo ruolo sarebbe stato preso da un sosia per non sconvolgere i fan e il futuro del gruppo, all’epoca all’apice della popolarità. Una leggenda priva di riscontri oggettivi, ma costruita su una teoria di messaggi nascosti che gli stessi Beatles avrebbero disseminato nelle loro opere. Così, secondo questa teoria, nella celebre copertina di Abbey Road sarebbe stata ritratta una sorta di processione funebre, con Paul, l’unico scalzo, nella parte del defunto (nel Regno Unito i morti vengono sepolti scalzi), Lennon, in testa al gruppo, nelle candide vesti di un sacerdote o di un angelo, Ringo Starr completamente vestito di nero come un impresario delle onoranze funebri e infine George Harrison, che indossa abiti jeans come un lavoratore, ovvero un becchino.
A questi indizi se ne aggiungerebbero molti altri, tanto che, se è vero, come diceva Agatha Christie, che tre indizi fanno una prova, il pubblico dei Fab Four ne avrebbe trovata una quantità sufficiente ad emettere una sentenza definitiva sul decesso di MacCartney. Fatto sta che, Paul o Faul (come è stato ribattezzato il presunto impostore dai più intransigenti complottisti) è oggi secondo Forbes il cantante più ricco del mondo, con un patrimonio di 1,3 miliardi di dollari nel 2017. E a quella ricchezza sicuramente ha contribuito anche la leggenda, emersa a ridosso della scomparsa nel 1967 del manager della band Brian Epstein, che diede il via a quella che Lennon definì la “morte lenta” del sodalizio tra i quattro: effettivamente i Beatles dopo il 1966 ridussero all’osso le apparizioni televisive, non si esibirono più dal vivo, ma continuarono a vendere tantissimo, anzi più di prima, grazie anche alla curiosità di tanti fan alla ricerca tra i vecchi album di indizi sulla morte di McCartney. Che nel frattempo diede il via a una lunga, tuttora fortunata, carriera da solista, ultimo sopravvissuto dei Fab Four insieme a Ringo Starr. E vedendo Paul saltellare arzillo sulle strisce di Abbey Road, noi fossimo in Ringo qualche scongiuro lo faremmo.