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40 persone in mare per una questione di principio: Salvini con Seawatch ha davvero toccato il fondo

 

Il forte con i deboli (ma debole con i forti) ministro dell’inferno Matteo Salvini si diverte con la prossima barchetta nel Mediterraneo –diventato il suo tinello personale – giocando qa battaglia navale contro i disperati, convinto di indovinare tutte le mosse e godendosi gli applausi del suo gruppo di elettori. Sea Watch, che si lessa a qualche miglio delle acque territoriali italiane da dodici giorni, è l’ultimo feticcio contro cui il Capitano si accanisce (è lui stesso a dirlo) per “una questione di principio”. Quale sia il principio di mordere il collo di 40 disperati in un continente di mezzo miliardo di persone lo sa solo lui, ma evidentemente il suo accanimento funziona, se ci si è affezionato così tanto da rimanere sordo agli appelli delle comunità internazionali.

Dice Salvini che è “una questione di principio” ma in realtà è semplicemente una questione di retorica. Vorrebbe, il Capitano, apparire come il difensore dei nostri confini e invece, mentre tiene d’occhio la Sea Watch come un bambino con il suo orsacchiotto, i migranti entrano comunque da tutte le parti. Qualche giorno fa, in un solo giorno, ne sono entrati 200 tra Lampedusa e via terra al nord e proprio ieri altri 59 sono sbarcati sulle coste joniche, senza tenere conto di tutte le decine di sbarchi fantasma che quotidianamente si registrano sulle nostre coste, ma non fanno notizia perché se i migranti non si vedono allora i migranti non esistono.

Del resto a Salvini non interessano i migranti, con loro gioca solo di sponda per concimare la retorica dell’uomo forte. A lui interessa innescare la guerra con le Ong (che di migranti ne hanno portati poco più di un centinaio quest’anno) perché è così facile prendersela con chi salva vite, con chi (come dice il nome stesso) non c’entra nulla con i governi e con chi è già caduto in disgrazia nella considerazione dell’opinione pubblica (a proposito, grazie tante ministro Minniti).

Per “una questione di principio” Matteo Salvini lascia a mollo 40 disperati provando a convincerci che siano davvero un problema e che qualcuno (ma esattamente, chi?) dovrebbe imparare la lezione.
Si illude che non partano più per via di un ministro italiano che mostra i denti (e infatti gli scafisti libici sono terrorizzati, sì, come no), si arrabatta a fare accordi con la Guardia Costiera libica (che solo Salvini ormai considera degna di qualsiasi dialogo), si sforza con tutto se stesso a raccontarci la favoletta della Libia come porto sicuro (sì, ciao) e soprattutto disegna mirabolanti poteri forti dietro alle Ong (una storiella degna del resto di chi vorrebbe pagare i debiti con i mini bot).

E se qualche diocesi si fa avanti per accogliere i migranti per accogliere le 43 persone a bordo della Sea Watch, come ha fatto l’arcivescovo di Torino, eccolo lì, il piccolo Salvini, a sbraitare di aiutare “prima gli italiani”. Come l’Italia abbia potuto mettersi nelle mani di questo tetro collezionista di disperazioni è un segreto insondabile che solo gli anni ci potranno spiegare; certo sarebbe curioso sentire come lo spiegherebbe Salvini a quei disperati sulla Sea Watch che è giusto punirne uno per educarne cento, come se davvero qualcuno prendesse sul serio le sue mirabolanti lezioni che fanno ridere e inorridire tutta l’Europa.
E chissà se Conte, l’avvocato del popolo italiano, un po’ non si vergogna a essere l’ombra di un sardonico ministro che gioca con le vite umane per ingrassare di voti. Chissà quando si capirà che pensare di fare politica internazionale sventolando quaranta disperati è una sciocchezza inutile e dannosa. Avanti così, piccolo Salvini.

 

 

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