Dopo i fatti del Salone del Libro, che hanno determinato l’esclusione dalla manifestazione di Altaforte, editore di CasaPound che ha pubblicato un libro-intervista a Matteo Salvini, bisogna ora concentrarsi sul problema più importante: lo sdoganamento graduale delle idee di estrema destra. Non tanto attraverso il successo elettorale di partiti politici che richiamano espressamente il periodo fascista (giocando sulle interpretazioni sia della Costituzione, che vieta la formazione del partito fascista in qualsiasi sua forma, sia delle leggi Scelba e Mancino), ma filtrate attraverso partiti ormai istituzionalizzati, politici capaci di prendere tantissime preferenze e intellettuali che tutto il giorno, tutti i giorni, inventano nemici (dagli immigrati clandestini a Laura Boldrini, dai drogati a George Soros, dai rom a Roberto Saviano), producono contenuti in grado di orientare l’opinione (contro il mondialismo, contro i diritti individuali, contro l’ideologia gender, i matrimoni gay) e ormai sono ospiti fissi dei salotti televisivi — là dove si costruisce il consenso — e corazzano le echo chamber sui social media.
Matteo Salvini sta cercando di buttare la palla in tribuna. Per il ministro dell’Interno questo è il primo momento di vera difficoltà da quando ha iniziato la sua scalata. Il consenso granitico ha registrato una prima flessione, e i primi contestatori stanno iniziando a farsi sentire nelle piazze e attraverso i selfie usati contro di lui. Interrogato da Lilli Gruber sul tema del fascismo e dei suoi rapporti con CasaPound, Salvini ha negato di conoscere Francesco Polacchi (“Mi faccio centinaia di foto al giorno, mica posso conoscere tutti”), ha negato di sapere che il libro intervista sarebbe uscito per Altaforte (“Lo scrittore fa il suo libro e poi trova un editore”, per quanto risulti difficile credere che questo progetto non sia stato concordato prima di essere fatto proprio tra giornalista, politico e editore) rispondendo nel solito modo sprezzante e spostando l’attenzione su un finto problema come quello delle droghe leggere e della cannabis legale (“È più un problema il fascismo o la droga?”). E oggi l’attenzione viene spostata sul concorso #vinciSalvini: un video diffuso sui social network in cui il ministro circondato da quattro ragazzi, annuncia ricchi premi per gli utenti più attivi, da una telefonata a un caffè con il Capitano. Il bisogno di farsi vedere in mezzo alla gente, il bisogno di ritornare a farsi amare. Spostare l’attenzione: io resto vicino a voi.
Il tema però rimane. Come paese e come nazione non abbiamo mai risolto il nostro rapporto con il fascismo. In Invano. Il potere in Italia da De Gasperi a questi qua Filippo Ceccarelli racconta come gli eredi del fascismo abbiano sempre cercato di ritornare dentro le camere rappresentative e al tempo stesso abbiano lavorato per darsi una veste rispettabile agendo dentro la comunità e riempiendo un “vuoto” in modo sotterraneo, creando aggregazioni di esclusi che si sono messi insieme legati da un fortissimo risentimento e una voglia di rivalsa per la ricerca di una dignità che sentono di non avere. È evidente che CasaPound, Forza Nuova e tutte le congreghe che più o meno richiamano attraverso un sistema simbolico, retorico e iconografico il regime fascista non avranno mai percentuali più alte di quelle di adesso, ma è altrettanto vero che non ne hanno bisogno. Loro ci sono e occupano un campo. Allo stesso tempo, i media dedicano loro attenzione e sdoganano i leader come personaggi con cui dialogare invitandoli in televisione e anche andando nelle loro sedi per dei dibattiti in cui ad un certo punto viene messa in discussione la pregiudiziale anti-fascista. Alla fine, poi, il Ministro dell’Interno, colui il quale è responsabile dell’ordine pubblico e della sicurezza di tutti i cittadini, si fa vedere con le magliette della Pivert, si fa fotografare con il proprietario e avalla un libro intervista (in cui si possono leggere descrizioni come: «È il supereroe che combatte contro il male, il Clark Kent che di giorno è una persona comune, tra la gente, ma che all’occorrenza si trasforma nel salvatore del mondo. “Tanto ci pensa il Capitano”: è ormai il detto dei leghisti e dei supporter del ministro più social di tutti i tempi») per la sua casa editrice diretta emanazione di CasaPound. L’opportunità politica è evidente. Il messaggio altrettanto chiaro. Il disegno da prendere assolutamente sul serio.
In Aprile di Nanni Moretti, un giornalista francese ad un certo punto chiede al regista cosa si prova a vivere in un paese che ha votato il ritorno del partito fascista al governo. Il riferimento è al governo Berlusconi I, quello con la Lega e l’Alleanza Nazionale ancora dura e pura di Gianfranco Fini. Basta guardare una qualunque puntata del Tg2 per vedere che lo sdoganamento è nella vita di ogni giorno. Perché l’intolleranza che si considera teorica o pura paranoia poi si trasforma in Casal Bruciato, e si trasforma in Luca Traini. E pensare che sia tutto un gioco, tutto uno scherzo, tutto un allarmismo della solita sinistra benaltrista, rischia di essere un errore strategico e interpretativo fondamentale. In tutto il mondo la democrazia liberale è entrata in crisi e la sua sopravvivenza non è per niente scontata. L’Italia è da sempre un laboratorio politico di innovazioni (quasi mai positive): speriamo non sia questo il futuro che si delinea nell’interregno. I mostri ci sono. Non lasciamogli troppo spazio.
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