Sulla Rai, da sempre regno del caos italiano, avviene che i grillini sembrano establishment e i renziani grillini. Viale Mazzini è come quella scena de La signora di Shangai di Orson Welles dove il moltiplicarsi di specchi inganna e contro-inganna lo spettatore e i personaggi spuntano da ogni dove, come per magia. Ma la Rai è anche un’enorme ragnatela di poteri e interessi che permanentemente intrappola i partiti, i sottopartiti, le correnti, il bosco e il sottobosco della politica.
In questa ragnatela, e non da oggi, sono finiti i grillini – qui di scatolette di tonno nemmeno l’ombra – a maggior ragione per il fatto che adesso, smaltita la grande pappata dei leghisti, c’è ancora più posto a tavola. Eccoli dunque i nipotini del vaffa attovagliarsi ai vari tavoli dell’ennesima spartizione dell’Azienda, questa volta con un Pd che, fedele alla linea, non sembra avere le idee chiarissime sul futuro della servizio pubblico: almeno Renzi era riuscito a combattere l’evasione del canone con lo stratagemma di infilarlo nelle bollette (dopodiché nemmeno il Rottamatore era riuscito a combinare molto, Campo Dall’Orto chi se lo ricorda più).
Ma ecco che proprio sul canone è un renziano che si mette a fare il grillino (d’antan): è Michele Anzaldi, gran castigamatti di Saxa Rubra, fastidioso come un moscone per dirigenti e star televisive di diverso ordine e grado, censore tosto pronto a scrivere nomi e cognomi dei cattivi sulla inevitabile lavagna dell’Auditel. Da vero grillino (sempre d’antan) il cattivo onorevole renziano si è messo a raccogliere le firme attraverso Change.Org. Una petizione online: finché la Rai non tornerà a fornire informazione e pluralismo, è giusto che i cittadini paghino meno canone. L’offerta del servizio pubblico diminuisce? Allora diminuisca anche il canone. Ha già messo insieme 10mila firme in pochi giorni.
Spiega Anzaldi: «Il primo dovere della Rai, fare buona informazione equilibrata e corretta, ormai viene onorato sempre di meno. Lo dicono gli ascolti che crollano, lo dicono i commenti dei cittadini, lo dice l’Agcom che ha aperto un’istruttoria che potrebbe portare ad una maxi multa da oltre 70 milioni per violazioni ripetute del pluralismo. Lo dicono le scelte dei vertici Rai, che preferiscono dare mega stipendi annui da 4 milioni ad alcuni super privilegiati, piuttosto che investire in diritti sportivi”. E quindi? “Finché la Rai non ristabilirà un’informazione davvero corretta, tagliamo 10 euro all’anno di canone».
Il problema è soprattutto l’informazione. I talk politici sono spesso battuti da quelli de La7, i Tg annaspano, i Gr anche peggio. Traballano le poltrone di molti direttori. Ed è cambiato il governo, il Pd vuole peso, e i grillini anche. Si infittiscono riunioni più o meno segrete ma per ora non se ne viene a capo.
Ma mentre il partito di Zingaretti come al solito non sembra voler dettar legge, è quello di Di Maio invece a battere cassa, ed è per la bramosia di quest’ultimo che l’accordo è saltato (in teoria si sarebbe dovuto chiudere oggi in Cda). Come ha scritto Repubblica, «dal Movimento filtra insoddisfazione per la scarsa presenza di figure gradite al Movimento nel lotto dei nuovi super direttori di divisione, destinati a contare più dei direttori di rete». E il piatto forte, come sempre, è il Tg1, dove la poltrona di Giuseppe Carboni, voluto fortemente dai grillini l’anno scorso, traballa sotto il peso dei dati negativi dell’audience.
Nel bailamme generale, i renziani sanno di non avere molte carte da giocare. Meglio fare i grillini, questa volta.
https://www.linkiesta.it/it/article/2019/11/11/rai-nomine-renziani-grillini-anzaldi/44306/