Affrontare la Brexit e difendere cittadini e imprese italiane. È uno degli obiettivi onorati dal ministro per gli Affari europei Vincenzo Amendola, intervenuto alla cena al Festival de Linkiesta al teatro Parenti di Milano. Del resto l’uscita della Gran Bretagna dall’Europa – questione spinosa che, dopo un referendum dall’esito inaspettato, si trascina da anni – coinvolge circa 700mila cittadini italiani, che vivono e lavorano in Inghilterra, e riguarda le tante aziende italiani che hanno rapporti commerciali ed economici con l’Inghilterra.
Il ministro lo ribadisce: gestire l’uscita della Gran Bretagna, nella salvaguardia degli interessi italiani, rimane una delle priorità della sua agenda. Ma non è l’unica. Bisogna anche studiare il fenomeno, capirne le ragioni e trarre la lezione che ne consegue. «La Brexit e il dibattito ideologico che lo sostiene è uno dei sintomi più chiari e lucidi del sovranismo ormai attecchito nell’Unione europea». Caratterizzato, come dimostra il caso del Galles, da una schizofrenia di fondo: «Come è possibile che l’area del Regno Unito che riceve i maggiori sussidi dall’Unione Europea abbia visto anche la più compatta maggioranza di voti per il Leave?».
L’Unione europea, insomma, non gode di buona fama presso i cittadini europei. Di fronte a questo fenomeno, suggerisce il ministro, ci vorrebbe «un’azione che faccia riscoprire la memoria europea: i giovani, appena ne sentono parlare, si annoiano subito».
Memoria sì, ma anche futuro. L’Italia è in prima fila nella transizione a un sistema economico verde, continua il ministro, per adottare un Green New Deal. È una sfida italiana ma anche europea. «Con la Commissione la vera trattativa che si sta affrontando è proprio la conquista di una fisionomia dell’Europa che vada in direzione della transizione ecologica». Servono investimenti di ampio respiro a livello continentale, che coinvolgano le nostre imprese, anche «per ricostruire filiere di appartenenza e riscoprire ambizioni più importanti». Tutti strumenti che permettono di «fare fronte all’agenda nazionalista e sovranista».
È il perimetro d’azione di «italiani che ci fanno onore, come il commissario Paolo Gentiloni e il presidente del Parlamento europeo David Sassoli» i quali, nello stesso tempo, «tentano di ricominciare un dialogo con le nuove generazioni, per ricostruire un sogno – unitario, comune, di crescita – che sembra sempre più lontano» anche, suggerisce, con un referendum rivolto proprio ai giovani.
«L’Europa è attanagliata dalla paura, ha bisogno di uno sforzo e di una scossa». Non quella di chi dice di «andare a battere i pugni: quello che serve è un impegno diverso, per recuperare una speranza che, ormai, si è andata perdendo».
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