Ferrara e Forlì al centrodestra, Reggio Emilia e Cesena al centrosinistra. La sfida dei ballottaggi in Emilia – Romagna, si conclude così, due a due. Tre a due con la vittoria del centrosinistra a Modena, al primo turno. Possiamo parlare anche di Livorno che torna a sinistra, di Prato che ci rimane, dell’esperimento Campobasso in cui i Cinque Stelle vincono grazie a una presunta desistenza col il Partito Democratico, o ancora della complessiva vittoria del centrodestra, che guadagna sette sindaci rispetto alla precedente tornata, nei medesimi comuni. Ma questo giro di amministrative è l’ultimo prima della madre di tutte le battaglie per la sopravvivenza del centrosinistra italiano: la tenuta della più storica tra le roccaforti, quella della regione Emilia-Romagna.
La partita è apertissima, come mai lo è stata: il presidente uscente Stefano Bonaccini ha un consenso molto alto, attorno al 62%, ma le europee hanno sancito, anche nella regione rossa per eccellenza, il dominio della Lega di Matteo Salvini, primo partito della regione con il 33% dei consensi (contro il 31% del Pd), oltre al 40% in province come Piacenza e Ferrara, davanti anche a Parma, Modena, Cesena, Forlì e Rimini, dietro al Pd solamente a Bologna, Reggio Emilia e Ravenna. Si fosse votato il 26 maggio probabilmente non ci sarebbe stata partita.
In teoria, il Pd ha tutto da perdere, in questa battaglia. Se vince, mantiene il controllo di una regione che governa da sempre. Se perde, sarà una data da segnare sui libri di storia. Eppure, è proprio dall’Emilia – Romagna, e i risultati delle amministrative di questi giorni lo suggeriscono, che potrebbe partire la riscossa. Primo: perché l’emergenza suggerisce la necessità di alleanze ampie, di candidati all’altezza, di schemi nuovi. Secondo: perché le vittorie di Firenze, Bari, Ancona, Brescia, Bergamo, Cremona, Modena Reggio Emilia, Prato suggeriscono che la qualità dei propri amministratori locali sono il vero valore aggiunto del centro sinistra, siano essi renziani o zingarettiani o quel che volete voi. Terzo: perché una sconfitta di Salvini in Emilia – Romagna, a dicembre, dopo la legge di bilancio, sarebbe la prima vera battuta d’arresto dell’onda lunga salviniana, iniziata lo scorso 4 marzo.
Quest’ultimo è forse ciò che rende davvero l’Emilia – Romagna tanto cruciale. Se dopo una legge di bilancio che si annuncia di lacrime e sangue Salvini riuscisse a vincere, non ci sarebbero più argini alla sua volontà di prendersi tutto: a quel punto, dopo aver conquistato il Piemonte a maggio, governerebbe davvero in tutto il Nord produttivo del Paese, con percentali sempre più elevate anche altrove. Non a caso, l’altra battaglia regionale di fine anno, quella calabrese, sembra essere poco più di una formalità, per la vittoria del centrodestra. La diciamo ancora più chiara: se a fine anno sventolasse la bandiera leghista dal palazzo della Regione di via Stalingrado a Bologna le elezioni politiche a febbraio sarebbero quasi una certezza.
Così non andasse, invece, comincerebbero gli scricchiolii. Qualcuno, nella Lega, potrebbe biasimare Salvini per non aver capitalizzato subito la grande vittoria delle europee. Qualcun altro, i Cinque Stelle al governo con lui, potrebbero provare a rialzare la testa, dopo aver subito per mesi l’agenda salviniana. Soprattutto, il centrosinistra potrebbe dire di aver trovato un modello di coalizione vincente, senza più puzze sotto il naso e reciproche allergie tra renziani e anti-renziani. Non solo: i centristi alla Calenda, che qui si è candidato alle europee, così come chi sta a sinistra del Pd, che in Emilia-Romagna ha figure politiche emergenti come l’eurodeputata uscente Elly Schlein, potrebbero fare delle elezioni regionali un laboratorio di “cose nuove” da riproporre, in caso di successo, nell’agone nazionale. Così come del resto ZIngaretti, riuscisse nell’impresa, consoliderebbe la sua leadership che a oggi appare ancora troppo debole per poter parlare di una reale alternativa ai gialloverdi o al centrodestra.
Ecco perché, fossimo in lui, trasferiremmo il quartier generale del partito da Roma a Bologna perlomeno fino a fine anno. E scateneremmo sul territorio che va dal Po all’Adriatico la più forte delle controffensive possibili allo strapotere di Matteo Salvini, battendo il territorio palmo a palmo e stringendo tutte le alleanze possibili coi corpi sociali, che in Emillia-Romagna, fortunatamente, tengono ancora. Il conto alla rovescia è cominciato.
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