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Angeli e demoni, Mafia capitale, Mensa dei poveri: proposta contro il marketing delle indagini giudiziarie

 

Da “Mafia Capitale” ad “Angeli e Demoni”, fino a “Mensa dei poveri”. Il costituzionalista e deputato del Pd Stefano Ceccanti ha presentato una interrogazione ai ministri della Giustizia e dell’Interno Alfonso Bonafede e Luciana Lamorgese contro l’uso sempre più diffuso nella magistratura di dare nomi a effetto alle indagini giudiziarie.

«Questo modo di fare», dice Ceccanti, «porta non a rispecchiare un contenuto tutto da vagliare, ma di fatto a suscitare in modo anomalo un consenso aprioristico dell’opinione pubblica: è una sorta di marketing delle indagini giudiziarie che, al di là dei singoli casi e delle singole motivazioni, collide sotto vari profili con le garanzie stabilite dall’articolo 111 della Costituzione. Per questo è importante che questa spettacolarizzazione cessi quanto prima».

Anche perché, scrive Ceccanti nel testo dell’interrogazione, le ipotesi accusatorie delle indagini alle quali sono stati assegnati nomi a effetto spesso sono «risultate poi nei processi meno solide del previsto». Tutto ciò, dice il deputato, finisce per «alterare l’equilibrio fra accusa e difesa» e anzi rischia di «attentare ai diritti delle persone coinvolte ben prima di qualsiasi riscontro processuale da parte di un giudice terzo, il tutto in violazione di norme costituzionali precise».

A partire dall’art. 111 della Costituzione sul giusto processo regolato dal principio del contraddittorio e dalla formazione della prova. Il deputato chiede quindi ai due ministri «quali iniziative intendano assumere onde assicurare che una simile prassi venga abbandonata e per assicurare che alle inchieste, ove reputato necessario, siano attribuiti nomi in codice con valenza esclusivamente pratica e interna».

 

 

 

 

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