avvocatoinprimafila il metodo apf

Attente Sardine a San Giovanni, la piazza senza politica è l’altare di una disfatta

La nazionalizzazione delle sardine avrà plasticamente luogo il 14 dicembre a piazza San Giovanni, Roma. Con l’annuncio dato ieri dal movimento (ma è corretto chiamarlo così o fa troppo anni Settanta?) siamo davanti un’evidente salto di qualità. Non parliamo più dei flash mob che inseguono Salvini ovunque egli vada – è stata questa la modalità sin qui seguita con evidente e inaspettato successo – ma di un tentativo di unificazione nazionale e dunque politica della spinta spontanea emersa in mezza Italia.

Si potrà dunque parlare delle sardine, la sera del 14 dicembre, nei termini in cui se n’è parlato fin qui? Ovviamente no. Perché la “sangiovannizzazione” della protesta costituisce inevitabilmente un punto di arrivo: è la pacifica presa di un immaginario Palazzo d’Inverno, è l’assalto gioioso alle casematte del Potere, è l’emancipazione da uno stato “infantile” a uno “adulto” della lotta politica, perfino – se non appare esagerato – la collocazione di un parzialissimo tassello di egemonia. «Una nuova generazione è scesa in campo», c’era scritto sulle tessere della Fgci di quarant’anni fa sopra quelle bandiere rosse dalle quali questi giovani di oggi rifuggono («Non portate bandiere o simboli di partito o delle associazioni – è scritto nell’appello – è tempo di reagire a questo modo di fare politica, una retorica vuota e senza empatia, che alimenta la divisione e fonda il proprio messaggio sull’odio verso il prossimo»): e non è affatto detto che si una male, anzi.

Ma viene allora da chiedersi quali siano “le bandiere” delle odierne sardine. Leggiamo cosa ha scritto uno dei leader (possiamo chiamarlo così?), Stephen Ogongo: «Siamo uniti contro ogni forma di discriminazione, abbiamo voluto organizzare questo raduno in un luogo simbolo, una piazza che negli ultimi tempi è stata usata come palco per diffondere messaggi che non sono degni di una società civile». Bene, giusto. Loro sono contro la destra-destra salvinimelonizzata e contro tutto ciò che alimenta e corrobora le mille forme ideologiche e politiche di odio. Però questo non li proietta automaticamente sul terreno della sinistra, o centrosinistra, o come volete chiamarlo. Non è questo il momento, e può avere un senso Ma presto o tardi il problema di un approdo politico questi giovani se lo dovranno porre, se non vogliono finire nel tritacarne della politica postmoderna e di plastica.

Ecco allora le potenzialità ma anche i rischi dell’operazione san Giovanni.

Potenzialità, certo: perché è possibile, a meno di un improvviso riflusso, la sedimentazione delle idee e delle adesioni a questa nuova forma di impegno politico giovanile e la sua capacità di segnare una nuova stagione dei movimenti di progresso persino con tratti internazionali.

Ma ci sono anche i rischi. Nel senso che la nazionalizzazione del movimento può comportare, e sicuramente comporterà, complicazioni organizzative, problemi di amalgama “politico”, tentazioni – Dio non voglia – di protagonismo personale o di gruppo. Le tradizionali malattie della politica-politica, il virus letale per i movimenti spontanei.

Gli esempi non mancano. Centinaia di gruppi, gruppetti e gruppuscoli in questi decenni, posti di fronte alla necessità di un salto di qualità, si smarrirono, litigarono, ripiegarono, si dispersero.

L’ultimo grande riferimento è quello dei Girotondi, portati con maggiore o minore buon senso a paragone delle sardine. Ebbene, ce la ricordiamo l’enorme manifestazione a piazza san Giovanni del 14 settembre 2002, quella conclusa da iper-politico discorso di Nanni Moretti («Non perdiamoci di vista»)? Bene, fu l’apice e al contempo il canto del cigno del movimento girotondino. Dopo aver preso la piazza, che fare? Boh. E allora i ceti medi riflessivi tornarono a riflettere, gli attori a recitare, gli arruffapopolo di professione a arruffare il popolo. La gente “normale” ritornò a casa sperando in tempi migliori, senza più il Cavaliere fra i piedi – e tanto ancora avrebbero dovuto aspettare.

L’età dell’innocenza non è eterna, e anzi può essere molto breve, prolungarsi giusto qualche mese, perfino solo qualche settimana. Certo sarebbe un record essere nati il 15 novembre a Bologna e diventare adulti il 14 dicembre a Roma. Sarebbe una brutta cosa invece se la vita delle sardine sarà durata solo 30 giorni. Per questo, attenti alla piazza San Giovanni che tante ne ha viste, può essere la culla di una rivoluzione o l’altare di una disfatta.

https://www.linkiesta.it/it/article/2019/11/27/sardine-bologna-roma-san-giovanni-sinistra/44530/

Exit mobile version