Bentornato sulla Terra, Luigi Di Maio. Perché la vacanza in orbita – o una paraculaggine da record mondiale – è l’unica spiegazione per giustificare l’uscita del ministro dello sviluppo economico, che dopo due mesi di trattative e dieci di governo gomito a gomito si è improvvisamente definito “un po’ preoccupato” da “questa deriva di ultradestra che a volte anche la Lega abbraccia” e che lo vede “per forza costretto a prendere le distanze”.
E già ce lo immaginiamo il capo politico del Movimento Cinque Stelle che trasale di fronte all’ipotesi di abolire la legge sull’aborto, Perché a questo si riferisce il nostro sensibile ministro, nonostante nessun leghista si sia mai sognato di proporre una cosa del genere. Questa è, per lui, la terribile ultradestra leghista. E non sappiamo nemmeno noi se sia troppo crudele svegliarlo dal suo candore, e raccontargli quattro cose dalle quale non si è preoccupato nemmeno un po’ e di certo non si è visto costretto a prendere le distanze.
Tanto per cominciare, pare di capire che per il buon Di Maio l’odissea dei 630 persone stipate su una nave, tra cui 140 minori e 7 donne incinte, cui sono stati chiusi tutti i porti italiani non sia ultradestra. E non lo sia parlare di pacchia finita e di migranti in crociera, cose che nemmeno Orban si è mai permesso di dire. E non lo sia un decreto “sicurezza” che distrugge un sistema di accoglienza e integrazione diffusa per crearne uno fondato su grandi centri di detenzione. E non lo sia una legge che istituzionalizza che liberalizza l’uso delle armi e che abolisce il reato di eccesso di difesa, per evitare che una persona che spara a un ladro in fuga, o a terra, o disarmato sia incriminata per omicidio. O, peggio del peggio, che una misura di welfare universale come il reddito di cittadinanza contenga una norma – mutuata da un regolamento comunale che il Tribunale di Milano ha definito discriminatorio – che impedisce agli stranieri di averne accesso.
No, per il tenero e preoccupato Di Maio, tutto quel che lui stesso ha avallato e difeso negli ultimi dieci mesi – e di cui abbiamo fatto solo una sintesi rapida e sommaria: potremmo continuare a lungo – non è ultradestra. Quella stessa ultradestra, ironia della sorte, della quale i Cinque Stelle si sono sempre detti essere argine, quasi a doverli ringraziare, e che loro stessi hanno portato al governo, riuscendo nell’impresa di farla diventare il primo partito italiano, con un consenso quasi raddoppiato rispetto alle elezioni del 4 marzo.
Chiediamo, eh: ci voleva tanto, in questi dieci mesi, a mettere qualche argine in più? A dire no grazie alle provocazioni e alle prevaricazioni del ministro dell’interno, ai suoi eccessi verbali, ai suoi strali xenofobi. È un po’ difficile, oggi, fare i verginelli preoccupati, dopo che per mesi si è creato un cordone di protezione attorno al Capitano, permettendogli qualunque cosa nel nome del contratto di governo e dello scambio di favori.
Facciamo i maliziosi: non è che Di Maio si stia preparando a saltare la barricata? Non è che senta puzza di bruciato e voglia di elezioni da parte del leader leghista e si stia preparando a una nuova maggioranza “antifascista”? Che la vera preoccupazione di Di Maio sia quella di evitare che Salvini si costruisca una maggioranza tutta nuova con Forza Italia, Fratelli d’Italia e un po’ di Cinque Stelle in fuga, preoccupati pure loro che il voto anticipato gli sfili la poltrona da sotto il sedere? Alle prossime settimane l’ardua sentenza. Ma se conosciamo i nostri eroi, e un po’ li conosciamo, non ci sentiremmo di escluderlo.
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