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Che sia coronavirus, dopo averci inflitto decine di migliaia di lutti e uno stop economico senza precedenti, a strapparci dall’asfissia burocratica? Tutto farebbe pensare che sì, siamo sulla strada giusta. La politica è mobilitata, da sinistra a destra senza distinzioni. Dobbiamo ripartire in fretta e dobbiamo scrollarci di dosso tutto ciò che ostacola la svolta per la crescita. La burocrazia è sul banco degli imputati, anzi pare già con la testa sul patibolo, pronta ad essere tagliata.
Il Governo Conte starebbe già lavorando per un decreto a maggio dedicato alla Rinascita (ma occhio al lessico, perché il nome non porta bene e ricorda il piano Rinascita della P2 nel 1976) prevedendo anche una sorta di “semestre bianco” straordinario anti-burocrazia e attivando percorsi senza ostacoli per attivare investimenti pubblici e privati.
Nella maggioranza di governo, se un punto di convergenza assoluta c’è, questo riguarda proprio la lotta contro la burocrazia. Lo stesso dicasi dell’opposizione, unita anch’essa sull’obiettivo. Libertà d’impresa e lotta alla burocrazia sono slogan ormai ricorrenti. Tutti sembrano insomma aver digerito e assimilato i rapporti “Doing business” della Banca Mondiale che vedono da molti anni l’Italia mal classificata su questo terreno. Rapporti fin qui sopportati a fatica e dimenticati il giorno dopo la loro pubblicazione.
Quanto durerà questo stato di grazia è impossibile a dirsi, anche perché la richiesta, in emergenza, di più Stato nell’economia a buoni fini anticrisi facilmente può slittare sulla corsia dello Stato imprenditore (con una storia di insuccessi sulle spalle dei contribuenti, vedi il caso Alitalia) che detta le regole alle imprese su dove e come investire e progetta nazionalizzazioni. Il che vorrebbe dire l’opposto di quello che si promette.
E poi, occorre sempre ricordarsi che la guerra contro la burocrazia, dai tempi di Cavour fino ad oggi, è stata più una storia di battaglie perse piuttosto che vinte. Diceva Matteo Renzi nell’aprile 2014, nei panni del Rottamatore e alla vigilia del suo exploit politico col Pd alle elezioni europee: «contro la burocrazia serve una lotta violenta, ed uso il termine violento perché non abbiamo alternative». A seguire c’è il piano Madia contro i “lacci e lacciuoli” (formula coniata da Guido Carli molti anni prima) amministrativi e burocratici. Nel 2017 tocca a Stefano Buffagni (Mov5Stelle), poi sottosegretario a Palazzo Chigi un anno dopo col governo Conte1, denunciare a Milano i ritardi della burocrazia che gravano sui cittadini, partendo dalla registrazione presso la Asl di suo figlio neonato: «Non servono nuove leggi ma buon senso». Prima, nel 1993 quando era al timone del ministero della Funzione pubblica col governo Ciampi, fu Sabino Cassese a dare una scossa resettando la bussola generale con l’idea dell’amministrazione «al servizio di cittadini e utenti». Fino ad allora, lo strumento dell’autocertificazione, introdotto nel 1968, era rimasto per esempio inapplicato.
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