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Campagna elettorale, il ritorno dei 6×3 con i leader in primo piano e il tema Europa defilato

La campagna elettorale per le europee è ormai nel vivo. Quella del Pd è partita oggi nelle stazioni con impianti fissi cartacei e digitali, nonché maxi impianti nelle città di Roma, Milano e Torino: in primo piano il segretario Nicola Zingaretti (non candidato alle europee). E alcuni slogan, a partire da: «Creiamo lavoro, non odio. Una nuova Europa, un’Italia più forte». Poster della Lega sono usciti già da due settimane nelle stazioni, negli autogrill e alcune edicole (pannelli video). Lo slogan rilanciato da Matteo Salvini è “Prima l’Italia. Il buonsenso in Europa”.

Forza Italia ha riportato in auge il vecchio 6×3. Nel simbolo degli azzurri campeggia il nome e il volto di Berlusconi, insieme alla scritta “Per cambiare l’Europa”. Tre gli slogan: “Apri gli occhi”, “Vota chi vale” e “Vota con la testa”. Antonio Palmieri, responsabile internet e nuove tecnologie di Forza Italia, parla di campagna elettorale su un «doppio binario». «Uno – spiega – riguarda quello che vogliamo fare in Europa, a partire dalla costruzione di un centrodestra moderato nel Ppe. E un altro riguarda l’Italia, con un attacco alle politiche del governo gialloverde».

La sensazione, però, è che l’Europa, anche se citata, resti sullo sfondo. Anche perché è chiaro a tutti il significato politico nazionale di questo voto, soprattutto per le ripercussioni sugli equilibri di governo. Claudio Velardi, esperto di comunicazione politica e presidente della fondazione Ottimisti razionali, parla di campagna finora «incolore e sbiadita» da parte di entrambi gli schieramenti. E incalza: «Rispetto a quello che era lecito attendersi, cioè che le elezioni del 26 maggio diventassero terreno di scontro tra sovranisti e europeisti, la sensazione è che tutti abbiano messo la sordina». «Salvini – aggiunge – non ha più le posizioni radicali di una volta su euro e revisioni dei trattati. Stando al governo ha assunto posizioni molto sfumate».

Simile il punto di vista di Edoardo Novelli, docente di comunicazione politica all’Università di Roma Tre, che ricorda come da sempre le campagne per le europee non hanno avuto l’Europa al centro. Ma cita come eccezione le Europee del 2014 «quando l’Ue è diventata un tema di dibattito, anche se declinato in negativo». «Cinque anni fa – spiega – la Lega era all’opposizione e nel simbolo aveva “no euro”. Mentre lo slogan di Renzi era “l’Europa cambia verso”. Oggi la Lega, al governo, si candida a governare in Europa. E cambia slogan. Con una campagna meno incendiaria della precedente».

«L’Europa anche in passato è stata la grande assente della campagna elettorale per le europee, concorda Dino Amenduni (esperto di comunicazione politica e pianificazione strategica dell’agenzia di comunicazione Proforma) che aggiunge: «Si è spesso votato alle europee tenendo d’occhio il caso politico nazionale e anche nel 2014 è stato così: il 40.8% del PD aveva molto più a che vedere con l’avvento di Renzi e con gli 80€ che col programma del partito». La differenza col passato, però, «è che il destino dell’Europa, questa volta, sembra davvero in gioco e queste elezioni, che in passato avevano riservato sempre poche sorprese dato che si è in un sistema proporzionale e si sono sempre trovate maggioranze “istituzionali”, pongono molti interrogativi sul futuro».

Per questo motivo, secondo Amenduni, avrebbe senso che le forze politiche in questo momento tagliate fuori dalla discussione sulle cose da fare in Italia (su tutte il PD) «portassero la discussione su questa nuova dimensione e sul ruolo che l’Italia intende avere in futuro, e cioè ribadendo che (dal punto di vista delle forze europeiste) la forza contrattuale del nostro paese è più forte se si decide di condividere una cornice di destino con gli altri 27 stati dell’Europa, e che un’Europa unita può avere la forza per trattare con le altre potenze mondiali sui grandi temi (a partire da economia/dazi e ed ecologia/cambiamento climatico)».

Questo posizionamento avrebbe anche un altro vantaggio. Permetterebbe di mettere in evidenza «il fatto che Salvini è alleato con forze che non hanno alcun interesse nel tutelare l’Italia su alcuni temi (immigrazione su tutti), oltre a mettere a nudo le difficoltà del M5S che tuttora non hanno una famiglia politica di riferimento in Europa e che quindi potrebbero diventare irrilevanti a Bruxelles.

Passando al setaccio la campagna del Pd, Velardi non risparmia le critiche. «I manifesti del Pd – attacca – sono sfumati e incolore. Zingaretti riprende concettualmente la stessa campagna di Renzi delle scorse politiche, contrapponendo dei sentimenti e delle azioni sbagliate a delle politiche inclusive e di buon senso (“Difendiamo il pianeta, non chi lo distrugge; “Investiamo nella scuola, non nella paura; “Vogliamo investimenti e sviluppo non recessione”). Non solo. «Anche se Zingaretti parla molto di “noi” e di”comunità” è lui a campeggiare in primo piano nei manifesti elettorali».

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