Pool di esperti per le riforme? “Non sono d’accordo. Gli esperti che oggi sono già 500, hanno un’importante funzione di consulenza, ma è il parlamento il primo, unico e insostituibile interlocutore del governo”. L’altolà all’esecutivo è della presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati intervistata da Il Messaggero. Sulla proroga dello stato di emergenza “finalmente l’esecutivo ascolterà il parere del Parlamento” dopo averlo “dichiarato in piena solitudine il 30 e 31 gennaio scorso”. Sulla scuola chiede “subito regole certe” perché “così rischiamo la catastrofe”.
La presidente del Senato lamenta che “il Parlamento è diventato invisibile perché è stato svuotato dalla funzione legislativa attribuita dalla Costituzione”. Mentre “Dall’inizio di questa legislatura il governo procede a suon di decreti legge, il più delle volte approvati con voti di fiducia e sempre più frequentemente esaminati solo da una Camera”. Casellati porta l’esempio del decreto Rilancio “una vera e propria finanziaria di circa 300 articoli, sulla quale il Senato non ha ‘toccato palla'”.
La sua ricetta per ripartire dopo l’emergenza sanitaria “è quella delle tre L: lavoro, liquidità, liberazione dall’ oppressione del fisco e della burocrazia” spiega osservando che “gli italiani non vogliono mezzi assistenziali o politiche dell’emergenza. Dal divano – osserva – nessuno aiuta il Paese a rialzarsi”.
Sulla situazione lavorativa delle donne osserva che “il telelavoro è stato certamente uno strumento utile durante l’emergenza, ma non può costituire la regola nell’organizzazione del lavoro. Oggi tutti devono tornare in ufficio in sicurezza “in particolare le donne” per loro “il telelavoro rischia di trasformarsi in un boomerang, perché le ricaccia a casa e le rende marginali nel mercato del lavoro, facendo tornare indietro di 50 anni l’ lancette dell’emancipazione femminile”. Sulla scuola Casellati è netta: “Tutti gli studenti devono tornare in classe a settembre è un imperativo categorico” ma “ci devono essere subito regole certe ed eguali per tutti” e però “la responsabilità non può essere scaricata sui presidi . Così rischiamo la catastrofe, creando inaccettabili diseguaglianza e discriminazioni tra tudenti di serie A e di serie B”.