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C’è un modo per il Pd di non finire soffocati dai Cinque Stelle? Lo scopriremo a Bologna

 

Ma cos’è questa “Bolognina del Pd” che si apre venerdì pomeriggio fino a domenica? È il tentativo di ridarsi un profilo politico-culturale che apra una nuova stagione, l’ennesima, ed è l’inizio di un riposizionamento politico.

Gianni Cuperlo, l’uomo a cui Zingaretti ha affidato per l’appunto il non invidiabile compito di ridare un’anima politico-culturale a un partito perennemente alla ricerca del tempo perduto e piuttosto esangue dal punto di vista della produzione di idee, spiega che «in questo passaggio alle soglie degli anni Venti il Pd da solo non ce la fa, ha bisogno di aprirsi».

No, a Bologna non si parlerà, se non in controluce, di Conte e Di Maio, di legge di bilancio o legge elettorale. Chi vuole il teatrino, non venga qui. Eppure, è anche per reagire alla tristezza del momento politico che il Pd avverte – semmai con ritardo – il bisogno di fare il punto sul suo profilo con una discussione non banale.

Giochi di parole a parte, questa Bologna del Pd con la Bolognina di Occhetto ha poco a che fare. Lì c’era la tragedia umana e politica dettata dall’urgenza del mutare repentino dei tempi e la caduta del comunismo da fronteggiare; qui c’è non la tragedia ma semmai il dramma di una sinistra in affanno, nel mondo, in Europa, in Italia. Non è davvero poco nemmeno stavolta.

Toccherà dunque a Cuperlo aprire venerdì pomeriggio una discussione sull’imminenza degli anni Venti: come si prepara la sinistra per evitare anche solo una qualche analogia con i Venti del Novecento? Detta così è roba da far tremare i polsi. Più banalmente si tratta di porre la prima pietra di un “partito nuovo” che volti pagina rispetto a lontane terze vie o più ravvicinate esperienze non vincenti (il renzismo): ecco, sotto questo aspetto si raccoglie il guanto di sfida dell’ex premier diventato macroniano e per questo “prosciugatore” dei dem. La sfida è raccolta.

L’impostazione generale – si passi la semplificazione – prevede lo sguardo rivolto a sinistra: non come posizionamento tattico ma nel senso della richiesta di aiuto a chi ne sa di più. E il Pd pensa che i pensieri forti cui attingere risiedano a sinistra, anche in “zone” politicamente distanti da largo del Nazareno.

Ecco dunque la lectio magistralis di sabato pomeriggio affidata a Fabrizio Barca, studioso impegnato da tempo sul fronte della lotta alle disuguaglianze, grande bandiera di una sinistra criticamente tosta verso terze vie e renzismi. Ripuntare i fari sull’uguaglianza, la grande “dimenticata” dai governi di centrosinistra, questo è un filo da seguire.

Ed ecco gli interventi di persone che con il Pd hanno sempre incrociato le lame come Elly Schlein (leader di una lista di sinistra pro-Bonaccini), Gianfranco Pasquino, Piero Ignazi, Maurizio Landini (ma ci sono anche Furlan e Barbagallo), Gad Lerner, o personalità come Ilaria Cucchi e Aboubakar Sohumaoro o ancora l’attesissimo Giuseppe Sala e l’Europa nella lectio di David Sassoli. In video, Romano Prodi darà il suo autorevole e fortemente empatico consiglio.

Il nutritissimo e vario gruppo di intellettuali dovrà spiegare al Pd le ricette base per ricostruire un profilo identitario di cui il partito ha bisogno non solo per stare al governo in modo decente e non subalterno ai grillini (Pizzarotti darà un contributo) ma soprattutto per reggere indenne al clima di destra che serpeggia nella società (attenzione ai discorsi di padre Occhetta, Vito Mancuso, Carlotta Sami ma anche alle letture di questo umor nero italico che potranno dare Mauro Magatti o Stefano Massini).

Ci sarà lo stato maggiore del Pd. Ci saranno ministri – certamente Gualtieri, Franceschini, Provenzano– sottosegretari, sindaci.

Poi c’è la ciccia politica che è attesa da Zingaretti che chiuderà domenica. Il quale sinora è rimasto troppo schiacciato – malgré soi – da un quadro politico poco esaltante. È l’occasione per lui di alzarsi un po’ dal day by day e giocarsi una carta buona, quello dell’indicazione di un Congresso. Il segretario punta a rimescolare le carte nella geografia interna e ad aprire la sua maggioranza alle altre componenti (è da attendersi una prossima segreteria unitaria) mentre, a causa dell’incertezza politica per la quale non si può nemmeno escludere caduta del governo e ricorso alle urne, non è ancora chiaro in che termini porrà la questione del Congresso.

Ma Zingaretti questa carta congressuale (con primarie con due soli candidati) intende giocarla per costruire un Pd che chiude con la stagione della corsa al centro, ritrova un posizionamento più a sinistra, apre le sue porte e punta ad esorcizzare la grande paura di anni Venti bui come quelli del secolo scorso. Vaste programme, diceva De Gaulle. Almeno ci si prova.

 

 

 

 

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