La cui versione su Mifsud, «non ha mai fatto lezione da noi, non ha avuto alcun ruolo», inizia decisamente a vacillare.
Rimane però il mistero dei soldi che con ogni evidenza hanno trasformato la Link da piccola realtà accademica a centro di elaborazione politica che fornisce personale e know how a ben due governi apparentemente di segno opposto. Né l’arrivo di Roh né tantomeno la partnership con la Lomonosov possono aver consentito questa trasformazione. Quella era la superficie visibile.
C’è un finanziatore che è rimasto occulto? Questa l’ipotesi degli analisti, alla quale al momento non c’è risposta.
Il fascicolo sulla Link è rimasto a galleggiare fino a che nel 2018 una delle insegnanti che incarnava la liason tra la Link e l’università preferita dal regime di Putin diventa Ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, mentre altre due candidate dal Movimento provenienti dalla Link, Elisabetta Del Re e Paola Giannetakis, pur candidate agli Esteri e al Viminale in campagna elettorale, non riescono nel grande salto. Nel master che la Trenta avrebbe dovuto tenere a Mosca in seguito all’accordo tra Link e Lomonosov ci sono pezzi da novanta della propaganda putiniana, mica semplici accademici. Tra questi c’è ovviamente Timofeev, e con lui Yury Sayamov, diplomatico e consigliere del Cremlino. C’è il filosofo Alexander Chumakov, che ha elaborato la visione della globalizzazione adottata dal nuovo Zar. E c’è Olga Zinovieva, vedova di Alexander Zinoviev, uno degli ideologi dell’era putiniana.
Intanto Mifsud scompare alla fine del 2017. L’inchiesta di Mueller su Trump lo disegna come uno dei testimoni più importanti del Russiagate. La Link e la Lomonosov cancellano non solo la loro partnership ma anche ogni traccia dai rispettivi siti, come il video che vi abbiamo proposto. Mifsud diventa un fantasma anche nel mondo digitale.
Non c’è nessun ordine ovviamente che stoppi l’indagine della divisione; tecnicamente è ancora aperta. Ma i file si accumulano su professori italiani e russi, su Mifsud e i suoi mille agganci. Ma anche su parlamentari ed ex-ministri che alla Link sono di casa. Con una domanda che all’interno dei servizi in molti si fanno: «Perché i nostri capi frequentano la Link se essa è oggetto di un’inchiesta degli stessi servizi?». La risposta è banale e sconcertante: per fare passerella, per stringere rapporti politici, per fare carriera.
Il premier Conte è perfettamente a conoscenza di questo dossier. Rivelarne il contenuto, magari per accontentare le richieste dell’Amministrazione americana, potrebbe essere un’arma a doppio taglio. In fondo il Conte 1 è un operazione che nasce con molti esponenti della Link. Ma anche il Conte 2. E allora, che fare?
https://www.linkiesta.it/it/article/2019/10/11/link-mifsud-trenta-vecchione-conte1-conte2/43891/