avvocatoinprimafila il metodo apf

Che bello, arriva la vecchia proporzionale e dai movimenti si torna finalmente ai partiti

C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico: tornano le piazze – il gusto per le piazze -, tornano i movimenti, tornano (a loro modo) persino i partiti, torna il sistema proporzionale. Come una volta, quando la politica era in bianco e nero. È una non inattesa uscita dalla crisi della cosiddetta Seconda Repubblica, che è stata sì a colori ma perennemente sbrindellata nel suo divenire, con tanti saluti alla stabilità e al buongoverno, permanente ribalta forgiata dallo stile Fininvest e rapidamente scaduta al circo Barnum grillesco; con le sinistre sempre a inseguire qualcosa d’inafferrabile.

E dunque ecco il ritorno al proporzionale. Ormai è certo, dopo le benedizioni di due “maggioritaristi” come Renzi e Salvini che hanno dato l’ok in due interviste al Corriere della Sera, l’organo della “nuova stagione” post-maggioritaria. Al di là dei ragionamenti sulle convenienze, la cosa segnala una ripresa della fiducia dei partiti in se stessi (che è cosa diversa, ovviamente, dalla speculare ripresa di fiducia dei cittadini: si vedrà presto). È sorprendente ma è così.

Si pone fine perciò a una lunga fase di conati bipartitici e si riporta tutto il potere nelle mani dei partiti, sottraendo ai cittadini quello, fondamentale (come diceva Roberto Ruffilli) di scegliere il governo o anche solo di dare un’indicazione in qualche modo cogente. Ma la colpa è dei partiti, che non seppero cogliere l’occasione e s’inventarono un bipolarismo pasticciato che riassumeva in sé i difetti del maggioritario e quelli del proporzionale: massimo esempio, il Rosatellum, un vero capolavoro di insipienza istituzionale. E dunque eccoci qui a ripartire da dove ci eravamo lasciati agli inizi degli anni Novanta, con l’unica differenza che stavolta il proporzionale avrà uno sbarramento probabilmente al 4%.

Proprio questo sbarramento, unitamente a collegi più piccoli, dovrebbe comunque agevolare un “bipolarismo di fatto”, se non “di diritto”. Mettendo in difficoltà, teoricamente, i velleitari del Terzo Polo: un tempo si trattava di Pierferdinando Casini, ora di Luigi Di Maio, ammaccato leader di una forza che con ogni probabilità oggi fatica a arrivare al 15% e che si appresta a fare l’ennesima figuraccia in Emilia-Romagna. I “piccoli” del centrosinistra si arrangeranno in qualche modo. Chi cercherà riparo sotto le fronde del Pd (bersaniani di vario conio), chi tenterà l’ennesima “arcobalenata” di sinistra (ex gruppettari magari in lite fra di loro), Carlo Calenda vedrà cosa fare con quel che resta dei Radicali e riformisti vari, Renzi suderà ma ce la dovrebbe fare.

A destra è tutto più semplice. C’è un solo partito, quello di Salvini, con la corrente sempre più rumorosa di Giorgia-sono-cristiana, e la derelitta Forza Italia che pare ormai una specie di Ccd quando il Cavaliere regnava. C’è poco altro da dire.

Ma per tornare alle analogie con il tempo che fu, la situazione politica è inopinatamente e fortemente segnata dal ritorno dei movimenti di massa. Si assiste soprattutto all’esplosione del fenomeno delle Sardine, che sabato prossimo porteranno a San Giovanni qualche centinaio di migliaia di persone. Ora c’è da chiedersi se ci sia un nesso fra la ripresa dei movimenti e il ritorno al proporzionale. In altre parole, le Sardine potranno iniettare sangue nel corpo debilitato dei partiti di centrosinistra? A certe condizioni sì. La grossa manifestazione a Piazza Maggiore di Stefano Bonaccini segnala una ripresa di mobilitazione dei partiti di sinistra che è difficile non mettere in relazione con la spinta delle Sardine, “nate” nella stessa Piazza Maggiore. Come vi fosse un vaso comunicante spontaneamente messosi in funzione da solo.

E insomma è come se i partiti sentissero che le diverse pulsioni popolari stessero per ri-convogliarsi verso i partiti stessi. A destra già succede da tempo: gli istinti primordiali contro i diversi e gli immigrati da tempo sono incanalati e fatti propri da Salvini-Meloni. Adesso la sinistra vede la possibilità di una spinta politica uguale e contraria che possa incontrarsi con una proposta (tuttora molto debole) del governo del Paese. Può sembrare strano ma nel momento di massima crisi, i partiti avvertono la possibilità di una loro ripresa ma hanno bisogno di contare le proprie truppe, di non nascondersi più. Ecco perché il proporzionale.

La disfida destra-sinistra si giocherà dunque su questo terreno che è esattamente quello che paradossalmente ne potrà rendere più chiari i termini alternativi. Ormai quasi tutto è pronto: siamo in attesa di collegarci con la Terza Repubblica.

https://www.linkiesta.it/it/article/2019/12/10/sistema-proporzionale-legge-elettorale/44689/

Exit mobile version