Indicato in passato come possibile candidato di Base riformista (la corrente degli ex renziani Lorenzo Guerini e Luca Lotti) in un futuro congresso, Giorgio Gori ha negato di pensare a se stesso come nuovo leader del Pd
di Andrea Gagliardi
Indicato in passato come possibile candidato di Base riformista (la corrente degli ex renziani Lorenzo Guerini e Luca Lotti) in un futuro congresso, Giorgio Gori ha negato di pensare a se stesso come nuovo leader del Pd
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Ha chiesto un «cambio di marcia» deciso, con un Pd non più «accondiscendente» verso gli alleati 5 Stelle e un nuovo leader per il partito. Giorgio Gori, classe 1960, al secondo mandato come sindaco di Bergamo, ha rotto un tabù. Finora nessuno nel Pd, s’era spinto al punto da mettere in discussione la leadership di Nicola Zingaretti. Nessuno aveva osato dare apertamente voce al malcontento che serpeggia nei confronti del segretario dem. Ritenuto da tanti, specie nel gruppo di Base riformista, la corrente che fa capo agli ex renziani Lorenzo Guerini e Luca Lotti, troppo esitante per affrontare le sfide che attendono il governo e il paese nella fase cruciale del post-pandemia. E perciò da sostituire al più presto, magari con Stefano Bonaccini, il governatore emiliano che a gennaio è riuscito a fermare l’avanzata della Lega.
Isolato nella richiesta di una nuova leadership nel Pd
Gori era stato indicato come possibile candidato proprio di Base riformista in un futuro congresso, ma nella corrente di Lorenzo Guerini e Luca Lotti tutti escludono la volontà di chiedere un congresso in una fase così complicata. In più Gori ha detto di essere pronto a «dare una mano», ma ha negato di pensare a se stesso come nuovo leader del Pd. Ad ogni modo l’uscita è maturata dopo che lui, da sindaco di Bergamo, si è trovato in prima linea a gestire l’emergenza coronavirus nella provincia d’Italia più colpita dal Covid: spesso in frizione con le istituzioni regionali. Un’uscita subito stoppata da Dario Franceschini (il vero azionista di riferimento sia del Pd sia dell’esecutivo giallorosso) e dal vicesegretario dem Andrea Orlando, che hanno confermato la fiducia a Zingaretti, ricordando che il suo mandato scadrà tra tre anni.
Da Magnolia alla politica
Fondatore della casa di produzione televisiva Magnolia (specializzata in prodotti di intrattenimento e infotainment) ed ex direttore di Canale 5 e di Italia 1, Gori si iscrive al Pd nel dicembre 2011. E dal 2014 è sindaco di Bergamo. Candidato nel 2018 alle elezioni regionali in Lombardia, ottiene il 29% dei voti venendo sconfitto dal candidato del centro-destra Attilio Fontana con il 49%. Ad 9 ottobre dello stesso anno annuncia però di volersi ricandidare a sindaco. Sostenuto da PD, +Europa, Italia in comune, Lista Gori e un’altra civica, il 26 maggio 2019 viene rieletto al primo turno con il 55%.
Il distacco da Renzi
A lungo vicino a Matteo Renzi, Gori si distacca progressivamente dall’ex sindaco di Firenze, fino alla decisione di restare nel Pd e di non seguire Renzi in Italia Viva (fondato nel settembre 2019), un partito che «fa correre il forte rischio di indebolire complessivamente il centrosinistra, in questo modo finendo per agevolare quello che io considero il principale avversario: la destra di Salvini»
https://www.ilsole24ore.com/art/chi-e-gori-sindaco-bergamo-che-mette-discussione-leadership-pd-ADVUJrZ