Fedelissima di Grillo, pentastellata della prima ora spesso critica con Di Maio ed estimatrice di Conte, è diventata il volto più istituzionale del M5S
di Manuela Perrone
Agf
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È stata spesso il “grillo parlante” del M5S, sia per la sua vicinanza al garante e cofondatore Beppe Grillo sia per non aver lesinato critiche alla deriva del Movimento verso «l’uomo solo al comando» a dispetto di collegialità e meritocrazia. Ma Carla Ruocco, che non ha mai ottenuto ruoli di governo, adesso si prende la sua rivincita spiccando il volo dalla presidenza della commissione Finanze della Camera, dove sarebbe “scaduta” a giugno, al vertice della commissione bicamerale d’inchiesta sul sistema bancario e creditizio.
Già componente della commissione Casini
Un ruolo che ha caparbiamente voluto, forte anche dell’esperienza accumulata nella scorsa legislatura da vicepresidente della Finanze, in quota opposizione, e da componente della precedente commissione banche presieduta da Pierferdinando Casini. In questa legislatura, da presidente della VI commissione di Montecitorio, ha combattuto la sua battaglia prediletta, quella sulle semplificazioni fiscali per «liberare l’energia produttiva delle imprese» (ma il suo Ddl si arenò in Senato in epoca gialloverde), ma si è anche opposta a vari interventi della Lega, come l’ormai celebre “condono della manina” nel decreto fiscale a ottobre 2018.
Pentastellata della prima ora
Napoletana, classe 1973, laureata con lode in economia e commercio, dottore commercialista, prima di entrare in Parlamento era funzionaria tributaria presso l’Agenzia delle Entrate. Già allora folgorata sulla via di Grillo e frequentatrice di due meetup cruciali per la storia del M5S: quello di Napoli, con Roberto Fico (ai tempi delle lotte per i rifiuti), e quello di Roma, con il gruppo storico dei pentastellati della Capitale, da Roberta Lombardi a Paola Taverna. È stata inoltre l’unica donna, con Fico, Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista e Carlo Sibilia, nel primo e unico direttorio della storia del Movimento naufragato a novembre 2016 dopo le tensioni legate alla Giunta di Virginia Raggi.
I tempi della lotta a Boschi e Vegas
Ai tempi della prima commissione banche, istituita dopo il salvataggio da parte del Governo Renzi nel 2015 di Etruria, Banca Marche, Carife e CariChieti, Ruocco è stata la portavoce della rabbia grillina contro l’allora ministra Maria Elena Boschi e contro l’allora presidente Consob, Giuseppe Vegas, ritenuto portatore di «responsabilità gravissime nella gestione del risparmio degli italiani e nella gestione dei criteri della vendita retail dei titoli». «La Consob – tuonava la deputata nel 2016 – ha cancellato gli scenari probabilistici dai prospettivi informativi e quindi questa mancata informazione ha generato una grandissima informazione nei risparmiatori che si sono trovati in tasca, senza saperlo, dei titoli ad alto rischio».
La difesa dei risparmiatori
Dopo il crac delle banche venete, salvate dal Governo Gentiloni, l’Esecutivo gialloverde ha cercato di mantenere le promesse di ristoro dei risparmiatori traditi, altra battaglia in cui Ruocco è stata in prima linea, spalleggiando alla Camera il lavoro del sottosegretario al Mef Alessio Villarosa. Poi ha dovuto insieme a tutto il M5S ha dovuto far digerire alla base l’intervento a favore di Carige, praticamente identico ai decreti tanto criticati dai pentastellati quando erano all’opposizione. «L’approvazione del Dl Carige è figlio di una serie di vicissitudini bancarie e di una evidente cattiva gestione che hanno rovinato la vita di migliaia di persone perbene. Noi vi poniamo rimedio mettendo i risparmiatori al primo posto», fu la dichiarazione rilasciata un anno fa.
«Fare luce sulle ombre del sistema»
Proprio un mese dopo, a marzo 2019, sarebbe stata promulgata la legge istitutiva della nuova commissione d’inchiesta. «Faremo finalmente luce su un sistema con ancora molte ombre e tante questioni ancora da chiarire», annunciava Ruocco. Allora il candidato del Movimento per la presidenza, con il via libera della Lega, era il bellicoso sovranista Gianluigi Paragone. Ma i gialloverdi sono riusciti a indicare i commissari soltanto il 1° agosto e da allora si sono susseguiti rinvii su rinvii, complice anche il decollo del nuovo Governo giallorosso e il rovesciamento degli equilibri. Ruocco non ha mai nascosto il suo favore verso il Conte Due e la sua stima nei confronti del premier.
La vittoria nella corsa interna
Il passaggio del M5S nella nuova maggioranza con Pd, Leu e poi Italia Viva ha fatto scartare la candidatura di Paragone, che si è via via allontanato dal M5S fino a esserne espulso. È poi tramontato, per le sue frasi antisemite, l’altro candidato pentastellato risultato primo nelle consultazioni interne tra i parlamentari M5S, Elio Lannutti. Alla fine l’ha spuntata Ruocco, che si era piazzata terza, sugli altri candidati rimasti in corsa: la questore del Senato, Laura Bottici, e i deputati veneti Raphael Raduzzi e Alvise Maniero, molto critici verso il Mes e dunque ritenuti meno affidabili dal Pd, che adesso però puntano a succederle alla guida della Finanze.
Il placet dei vertici
Ruocco è stata indicata senza nuove votazioni interne, col placet del capodelegazione Vito Crimi e anche dell’ex capo politico Luigi Di Maio, dettaglio che ha scatenato più di un malumore. E Ruocco ha superato anche quello che alcuni parlamentari indicavano come ostacolo: la sua vicinanza a Marcello Minenna, il dirigente Consob ex super assessore nella Giunta Raggi che è stato appena nominato al timone dell’Agenzia delle dogane.
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