L’anatomia della politica ha diverse scienze alle sue spalle. Tutte blindate e prese allo studio dei budelli parlamentari, dalle stanze più semplici a quelle di spessore. Tutte con una propria teoria, nessuna con un teorema esatto. È il bello della diretta: oggi Renzi se ne va, domani Toninelli fonda un partito tutto suo chiamandolo L’Italia dei sì. Tutto cambia in questa nuova era politica che, a quanto pare, di sicuro ha solo il caos in cui fluttua. «Quello che vedo oggi è una grande confusione. Facendo un parallelismo con una squadra di calcio: il portiere in questo momento gioca centro avanti, il centro avanti invece gioca terzino. La squadra non esiste più, il centro-destra è diventato il destra-centro, mentre dall’altro lato non saprei come chiamare la sinistra», spiega Clemente Mastella, ex ministro del lavoro e della previdenza sociale nel governo Berlusconi I, ministro della giustizia nel governo Prodi II e attuale sindaco di Benevento.
La fragilità dei valori e le nuove tendenze dialettiche hanno aperto le porte a quei personaggi che, senza nascondersi neanche troppo, fanno della propria arma di battaglia la scaltra intelligenza politica. Matteo Renzi su tutti, che grazie a un colpo di scena ha monopolizzato l’attenzione pubblica nel Paese. C’è da capire, però, ancora per quanto. «Il Pd non risentirà poi molto dell’uscita di Matteo Renzi: il partito potrà resistere ai livelli attuali e Renzi potrà recuperare in quell’area di mezzo, quella che non fa più scelte che non va a votare e se ci va lo fa con molto disincanto, scegliendo turandosi il naso. L’area che in realtà gli appartiene di più».
Clemente Mastella, come spiega l’attuale virata verso il centro dei partiti italiani?
Per ora è solo in forma parlamentare, bisogna poi vedere quale riscontro troverà sul piano del consenso elettorale. Manca ancora la determinazione a sedurre segmenti dell’opinione pubblica, infastiditi da quello che vedono e inquieti per la mancanza tutt’ora di un riferimento politico. Se Renzi, per esempio, riesce a intestarsi questa battaglia a favore del ceto medio, delle diseguaglianze, verso il problema della sicurezza (in quanto non esclusività di Salvini e dei salviniani), allora si può parlare di punto di riferimento dell’economia politica del Paese. Viceversa, fallendo si confermerà un mero partito parlamentare.
Si aspettava la mossa di Renzi?
Tutti quanto si sono stupiti per tempi e modi con cui Renzi ha consumato la scissione: a mio avviso, lui era in una condizione per la quale prendere ora quest’iniziativa politica, in virtù di un processo avvenuto per sua volontà, ovvero la non andata al voto e la creazione del terreno giusto per la stesura di alleanze e strategie che evitassero l’ascesa di Salvini e dei suoi. Del resto, all’interno del Pd si vedeva anche prima che c’era dell’insofferenza: quella di Renzi nei confronti di alcuni gruppi del partito e quest’ultimo, quasi in toto, verso la figura del senatore toscano.
Quel che è certo, è che farà male a entrambi…
Facendo un passo indietro, ho sempre ribadito il fatto che a mio avviso è stato un errore fare la mescolanza tra Margherita e Ds. L’idea era quella di conservare entrambi i nomi, e tenga conto che sono stato rifondatore del partito stesso della Margherita. Il Pd, tuttavia, non risentirà poi molto dell’uscita di Matteo Renzi: il partito potrà resistere ai livelli attuali, Renzi potrà recuperare in quell’area di mezzo, quella che non fa più scelte che non va a votare e se ci va lo fa con molto disincanto, scegliendo turandosi il naso. L’area che in realtà gli appartiene di più.
Alla fine dei giochi, quindi, chi potrebbe realmente rimetterci è la sopravvivenza dell’esecutivo stesso?
No, questo non succederà. Non perché Renzi sia stato più bravo di quanto fu ai tempi di Letta. Lo “stai sereno” per Conte, questa volta, deriva dal fatto che ognuno è imbrigliato, nessuno può far scelte diverse, in quanto le mosse di ognuno sono vincolate al voto anticipato. Non possono fare scelte diverse i 5stelle, pena il rischio di una sua implosione, non può farle lo stesso Renzi, per il semplice motivo che ha bisogno di tempo per sedimentare e recuperare quella parte di ostilità provocata nell’elettorato dal suo carattere, nonostante l’intelligenza politica e la vivacità grammaticale. Ognuno, quindi, ha bisogno di tempo, e pertanto nessuno si muove. Compreso il Pd, che da un certo punto di vista accusa lo scossone della scissione. Credo comunque che, alla fine, facendo fede ai valori del Ds e della Margherita, Italia Viva di Renzi potrebbe candidarsi per prendere il posto proprio di quest’ultima: c’era l’alleanza prima, si può fare anche ora.
Non crede quindi nella teoria che vede Renzi nelle vesti di “Cesare, o niente…”
Questo mi sembra molto improbabile, in vista anche della questione del meccanismo elettorale. Il proporzionale spingerebbe ognuno per i “fatti suoi”, se si va con il maggioritario entrambi le parti dovranno fare i conti con la forza politica altrui. La scossa c’è stata, ma senza terremoti. Non son cadute case, non ci sono stati detriti precipitati sui partiti.
Gli unici partiti che devono guardarsi dai detriti, quindi, sono quelli di centro-destra?
Le coalizioni, se parliamo di un’idea legata al bipolarismo, dal mio punto di vista devono contenere argomenti arcobaleno. Quel tipo di aggregazioni che con Berlusconi era di maggioranza al centro-destra, e che oggi finisce per palesarsi in piazza Montecitorio con le manifestazioni di sovranisti e populisti, privi di tale forza unitaria. Dall’altro lato, se vuole vincere il Pd dovrà accordarsi con Renzi: non si governa in Italia senza una colazione.
Quale sarà il primo test che il nuovo panorama partitico dovrà superare?
Un altro elemento da valutare è quello che vede Renzi non presente alle regionali in Umbria, Calabria e Toscana: questo può durare per il momento, poi anche lui dovrà fare i conti con l’elettorato. Non si può arrivare dai cittadini e dire “sono io, votatemi”; è valso una volta per Berlusconi nel ’94, ma non potrà succedere ancora. L’ex premier, indubbiamente, ha bisogno di un po’ di tempo per costruire i gruppi dirigenti locali, senza credere di essere tolemaico; il che vale anche per Salvini, che una volta sceso dall’onda del successo, ha dovuto fare i conti con quelli che sono i suoi difetti politici riconosciuti. Se invece si gioca con una squadra, sia sul campo elettorale e parlamentare sia su quello locale, con un principio unitario si può raggiungere degli obiettivi.
A fronte di quello che ha potuto vedere durante la sua carriera, come giudica l’attuale assetto della politica italiana?
Quello che vedo oggi è una grande confusione. Facendo un parallelismo con una squadra di calcio: il portiere in questo momento gioca centro avanti, il centro avanti invece gioca terzino. La squadra non esiste più, il centro-destra è diventato il destra-centro, mentre dall’altro lato non saprei come chiamarla, in quanto la sinistra sta facendo finta di non riconoscere identità e valore politico al centrismo di Renzi.
Può essere l’estrema personalizzazione dei partiti il virus latente in questo momento storico?
Questo non succede soltanto in Italia. Basta guardare Macron e l’egocentrismo dei leader spagnoli: la verità è che non ci sono più i partiti. I partiti ectoplasma non esistono più: quali sono le attività che si fanno come partito? Si fa finta di fare attività, bypassando tutti i social e senza fare attenzione ai “metalli” nuovi che ci sono sul mercato. Il cemento armato che pensavamo fosse immortale, non lo è più: per costruire, così come per i partiti, adesso servono materiali diversi.
Quali punti del programma terranno unito questo esecutivo?
A partire dal tema green, il governo dovrà dar maggiore potere d’acquisto a coloro che un tempo si chiamavano lavoratori, trovare risposte per un’integrazione economica sociale tipo il Reddito di cittadinanza (ma non nella maniera balorda con il quale è stato fatto), così come mettere in primo piano il tema della sicurezza: non puoi rinnovare un dialogo politico dove la paura fa da padrona. Idem per l’immigrazione, in quanto sarebbe sbagliato cambiare totalmente i connotati al decreto sicurezza, facendo così la felicità di Salvini, se non tenendo conto delle annotazioni di Mattarella e cercando una collaborazione europea. Abbandonando l’isolamento che sta affliggendo molti singoli Paesi. Bisogna esser rigorosamente accoglienti: per quanto le nostre porosità, usando un termine di De Mita, non si può accettare incondizionatamente tutti, creando una guerra tra ultimi.
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