Contendere a Matteo Salvini il territorio. Stare sulle questioni regionali e di merito. Mettere su una squadra contro un uomo solo. Lui, l’uomo nero della destra,nelle pianure dell’Emilia-Romagna può perdersi. E perdere.
Il capo leghista ha già cominciato a perlustrare il campo di battaglia. Vuole replicare il modello-Umbria, dove ha girato metro per metro, e si è visto come gli sia andata bene. È quello che sa far meglio, d’altronde. L’altra faccia della Bestia tecnologica. Un altro esempio di come la Lega, e non da oggi, si sia impossessata del modello propagandistico della sinistra storica, il famoso “casa per casa” evocato da Enrico Berlinguer nel suo ultimo drammatico comizio di Padova.
L’altra sera a Parma Salvini ha esaltato i fedelissimi, possiamo vincere in Emilia dopo 50 anni, «non è una certezza, è una possibilità». Effettivamente una vittoria della destra può cambiare tutto. La posta in gioco è altissima. L’Emilia non è l’Umbria. L’Emilia decide.
Il centrosinistra si gioca l’osso del collo. Deve individuare i punti deboli del capo leghista per pararne l’offensiva. Un bel problema. Ma è davvero irresistibile l’ascesa di Salvini? A differenza dell’Umbria – è stato già osservato – l’Emilia Romagna è una regione che funziona, produce, eccelle. Ed è ben governata. Non c’è un caso-Catiuscia Marini da far dimenticare, al contrario la figura di Stefano Bonaccini ha tutte le carte in regola per vincere. Il problema è “ricordare” agli emiliani il bilancio del governatore uscente e spiegare le sue proposte per il futuro.
È chiaro che Salvini non ha grandi carte da giocare nel merito della campagna prettamente regionale. La butterà tutta sulla grande occasione di mandare via il governo Conte e puntare alle elezioni, ma questa è una traiettoria propagandistica che può finire per infastidire i cittadini emiliani e romagnoli che, nel loro consolidato pragmatismo, potrebbero preferire discorsi più legati ai problemi e alle ricette per la loro terra.
Su questo punto, il capo leghista deve stare attento a non esagerare nel fare della “campagna d’Emilia” quella che per Napoleone – si parva licet–- fu la “campagna di Russia”. Ne conviene Lorenzo Pregliasco, di Youtrend, acuto osservatore delle dinamiche elettorali: «Al centrosinistra conviene “nazionalizzare” il meno possibile le scadenze regionali, soprattutto in una realtà favorevole come l’Emilia-Romagna». Musica per Bonaccini: «Si vota per l’Emilia-Romagna, non per mandare a casa il governo nazionale».
Questa impostazione implica una campagna elettorale capillare, “casa per casa” appunto. Se Salvini è già partito, dovranno darsi una mossa i dirigenti del Pd e delle altre forze a sostegno di Bonaccini, evitando di scattare un’inutile e tardiva photo opportunity l’ultimo giorno di campagna elettorale. Ci sono dirigenti, capi storici, ministri emiliani da sguinzagliare senza perdere tempo. Una squadra, mentre Salvini è da solo. E Bonaccini – altro punto di forza decisivo – obiettivamente è più forte di Lucia Borgonzoni, la candidata leghista che si è vantata di non leggere libri.
Spiega il politologo Massimiliano Panarari, che fra l’altro è reggiano: «In Emilia-Romagna sarà una campagna che si giocherà anche sull’occupazione delle piazze e degli spazi pubblici. Matteo Salvini ha strutturato il suo campaigning permanente e la sua comunicazione secondo il modello “T-r-t”, televisione, rete, territorio. E nell’ultimo componente di questa tripletta trova giustappunto un elemento fondamentale, quello che gli consente di rivendicare la rappresentanza della gente in carne e ossa, le persone “vere” che affollano i suoi comizi e fanno instancabilmente la fila per scattarsi i selfie con il Capitano».
La sinistra emiliana storicamente non è mai stata “pigra”. Ma negli ultimi anni si è appassito anche il suo slancio e rinsecchito il suo insediamento. Ora deve ritrovare la piazza. «Non deve lasciare alla Lega il monopolio dei luoghi di incontro e dei mercati – sostiene Panarari – e in particolare il Pd dovrebbe cominciare a ridefinirsi rapidamente come “partito popolare”, lasciando ad altri soggetti della coalizione la copertura degli ulteriori segmenti di elettorato». Italia viva, infatti, ha spazio per un felice esordio nel corpo a corpo elettorale se saprà parlare a quella Emilia produttiva alla quale i leghisti fanno la corte da anni.
Contro Salvini, che è solo, il centrosinistra deve mettere in campo liste veramente aperte e larghe. La questione del rapporto con Cinque Stelle forse è un po’ meno decisivo di quanto possa sembrare a prima vista, e comunque deve essere Bonaccini, e non Zingaretti o Franceschini, a guidare le danze, è lui che deve presentare un programma a tutte le forze alleabili. D’altronde Di Maio non ha grandissimi margini: o appoggia Bonaccini o si assume il rischio di far vincere la Lega, con conseguenze che sarebbero mortali per il Movimento.
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