Dice che secondo lui i giudici dovrebbero astenersi dal fare i giudici se prendono decisioni che vanno contro di lui. E, badate bene, non parla mai dei provvedimenti nel merito ma, come al solito, indica ai suoi seguaci nome e cognome della “zecca” da punire, sia solo con l’esposizione el pubblico ludibrio. Così com’era avvenuto con il giudice Gerardo Boragine del tribunale di Lucca, reo secondo il ministro dell’inferno di avere assolto delle persone imputate per avere disturbato un suo comizio, e finito addirittura sotto scorta dopo il post sulla pagina Facebook del ministro in cui se la prendeva con lui. Un ministro dell’Interno che dovrebbe garantire la sicurezza ai suoi cittadini e invece fa finire sotto scorta un giudice per le minacce subite (e non cancellate) sulla sua pagina Facebook è roba da Ionesco.
Ed è kafkiano anche un ministero dell’interno che si spertica in accuse perché “i magistrati che hanno emesso le sentenze avrebbero dovuto astenersi e passare il fascicolo ad altri a causa delle proprie posizioni sulla politica del Governo”, come scrive riferendosi alla sentenza del Tar di Firenze contro le cosiddette ‘zone rosse’ e quelle dei tribunali di Bologna e Firenze a proposito dell’iscrizione anagrafica di alcuni cittadini stranieri. E se qualche giudice fa qualcosa che non gli a bene (come la giudice Luciana Bareggia che dal tribunale di Firenze ha emesso la sentenza che ha escluso il ministero del giudizio sull’iscrizione anagrafica di un immigrato) allora ecco le solite frasi fatte (“si candidi per cambiare le leggi che non condivide”) e l’attività di dossieraggio per dimostrare le su inclinazioni politiche e il suo essere nemica del popolo.
Matteo Salvini non riesce ad essere diverso da Berlusconi nella sua continua sfida alla magistratura: come Berlusconi non conosce (e riconosce) la separazione dei poteri insistendo a convincerci di essere in continuazione sotto l’attacco di presunti poteri forti senza tenere conto piuttosto della sua inettitudine nello scrivere le leggi.
Ma l’ultimo attacco alla magistratura ricorda anche la scusa che è molto in voga dai politici che tentano di distogliere l’attenzione, di sviare l’argomento, di giustificare il proprio stato di difficoltà dietro la solita barzelletta della magistratura politicizzata come se il ministro avesse finito tutti i suoi soliti nemici quotidiani e ora viri sul sicuro (per la gioia anche degli elettori di Forza Italia, da cui dragare voti) su un argomento che per mesi ha riempito patinate di giornali.
E ha ragione l’ANM a esprimere sconcerto perché «le modalità adottate da autorevoli rappresentanti delle istituzioni gettano discredito sull’intera funzione giudiziaria e perdita di serenità da parte di chi la esercita». «E’ inaccettabile che la critica non sia rivolta al merito del provvedimento ma alle supposte opinioni del giudice, afferma l’Anm, che evidenzia come un post pubblicato dal ministro sulla vicenda “è stato seguito da commenti contenenti insulti e minacce, che non risultano essere stati rimossi». E tocca dargli ragione.
E non è certo compito di un ministero mettere in discussione “un equa amministrazione della giustizia” che è invece materia di ben altri compiti competenti (almeno che nel frattempo Salvini non sia stato anche eletto al CSM e noi non ce ne siamo accorti). Ma è il solito ministro dell’inferno: ha bisogno di un nemico al giorno su cui gettare il proprio livore, meglio ancora se un’intera categoria. E la magistratura è sempre un campo facile facile. Anche se, ce lo insegna la Storia, attaccare la magistratura segna sempre l’inizio della fine.
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