Oltre due anni e mezzo sull’ottovolante. Prima “avvocato del popolo” nel governo giallo-verde a trazione sovranista. Poi a capo di un esecutivo giallo-rosso, potenziale embrione per un’alleanza Pd-M5S. Ora la strada di Giuseppe Conte si interrompe. E si interrompe di fronte all’uomo forse più temuto a Palazzo Chigi, Mario Draghi, la figura più evocata da chi voleva la fine di Conte.
Su Draghi il premier si è più volte espresso. Con esiti alterni. Il 5 settembre, ad esempio, spiegò come l’ex governatore della Bce non fosse “un rivale” ma “un’eccelenza” e raccontò di averlo proposto a Bruxelles come presidente della commissione Ue. Proposta che lo stesso Draghi rifiutò. Il 23 novembre scorso, ancora una volta interpellato su Draghi Conte rispose in maniera netta: “mi fido di Gualtieri”: E ora, al termine del mandato esplorativo del presidente della Camera Roberto Fico, finito in nulla di fatto, sarà proprio Draghi a prendere il posto dell’avvocato pugliese.
Cosa farà Conte lo si capirà solo nelle prossime ore. Di certo il premier uscente passerà alla cronaca come l’uomo che si è trovato di fronte alla più grande crisi sanitaria mondiale, governata dapprima con un lockdown rigido e, in un secondo tempo, con la formula delle chiusure regionali che, assieme ai numerosissimi Dpcm messi in campo, si è attirata non poche critiche, e non solo dalle opposizioni. Non è solo la pandemia ad aver segnato il Conte II. Nel luglio del 2020 il capo del governo M5S-Pd-Leu-Iv otteneva il Recovery Fund riuscendo a piegare l’oltranzismo dei falchi e dei cosiddetti Paesi frugali.
Proprio sul Recovery, tuttavia, il Conte II si è inceppato. E in particolare su quella cabina di regia che il premier uscente aveva inizialmente voluto trovando, tuttavia, la rottura di Matteo Renzi. Se il governo giallo-rosso ha visto Conte come premier protagonista l’esordio in politica dell’avvocato era stato totalmente diverso. Scelto dopo il naufragio della candidatura di Guido Sapelli l’allora candiato M5S al ministero della Pa era arrivato a Palazzo Chigi nello scetticismo generale e nella convinzione che sarebbe finito schiacciato tra i suoi due vicepremier, Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Era il primo giugno del 2018 e nasceva, in Italia, un governo inedito: quello del M5S e della Lega. Sono stati, quelli, i mesi del Conte “populista”, che passava dal reddito di cittadinanza a quota 100, fino alla messa in campo, contestata anche nel M5S, dei decreti Salvini sull’immigrazione.
Ma sono stati anche i mesi in cui Conte è stato chiamato a gestire, ottenendo il sì di Bruxelles alla manovra, il complicato rapporto tra il governo giallo-verde e l’Europa. Mesi in cui Conte ha costruito il suo profilo di moderato, europeista e progressista, cruciale per essere poi scelto a capo del governo giallo-rosso dopo che nell’agosto del 2019, la crisi del “Papeete” era sembrata tagliare le gambe al premier. Ma nel discorso del Senato del 20 agosto Conte, mostrando una durezza sconosciuta nei confronti del suo vicepremier, ebbe di fatto la meglio sul leader leghista.
E, con il passare dei mesi, sono emersi anche gli aspetti privati dell’avvocato del popolo. Nato nel piccolo comune di Volturara Appula l’8 agosto del 1964, studente di diritto a Roma, docente alla facoltà di giurisprudenza dell’ateneo di Firenze. Padre di un bambino, separato, discreto calciatore dilettante e tifoso della Roma, il suo nome negli anni è stato legato a quello del professor Guido Alpa, con cui ha a lungo collaborato. Ma, non è facile che Conte torni al suo lavoro.
L’arrivo di Draghi – e quindi non del voto nel breve periodo – adombra le possibilità di un suo ingresso in politica. Ma la lista Conte potrebbe essere solo rimandata.
Fonte Ansa.it