Il premier imposta il metodo: avanti con le cose condivise, a partire dalla riforma fiscale. Ma si attende la vera verifica: il chiarimento nel M5s.
di Emilia Patta
Regionali, Zingaretti: “Travaglio M5s e’ sotto gli occhi di tutti”
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Il capodelegazione di Leu Roberto Speranza che ritira fuori la riforma del Jobs act con la reintroduzione dell’articolo 18. La capodelegazione di Italia Viva Teresa Bellanova che ribatte con la profonda revisione dell’«inutile e costoso» reddito di cittadinanza. Il capodelegazione del M5s Alfonso Bonafede che difende la “sua” riforma della prescrizione e quasi prega gli alleati di non mettere in difficoltà il movimento diviso dopo la sconfitta alle regionali. In mezzo un Pd rinfrancato dalla vittoria di Stefano Bonaccini in Emilia Romagna ma che non può passare subito all’incasso sull’agenda di governo per non umiliare un M5s già di suo a rischio implosione «perché se scoppia il primo gruppo parlamentare viene giù il governo».
Al via la verifica «a tappe»: per ora impostato il metodo
Giuseppe Conte ha avviato l’annunciata verifica di governo impostando per ora soprattutto un metodo: andare avanti con i punti del programma condivisi, a partire dalla riforma dell’Irpef in favore dei ceti medio bassi e delle famiglie (ma sull’ipotesi di rimodulare l’Iva per ricavare le risorse necessarie c’è l’ostilità della renziana Italia Viva e le perplessità del Pd ribadite da ministro Roberto Gualtieri sul Sole 24 Ore). Di più il premier non poteva fare. Avanti piano, dunque, con l’impostazione di tavoli tematici sui macro-temi.
Prescrizione e concessioni: i nodi aperti restano sul tavolo
Intanto i nodi aperti, che andranno risolti nei prossimi giorni e settimane, sono ancora sul tavolo: appunto l’abolizione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio voluta dal M5s, che il Pd vuole modificare e Italia Viva cancellare del tutto, e la questione della revoca delle concessioni autostradali ai Benetton, bandiera impugnata da Luigi Di Maio subito dopo il crollo del Ponte Morandi a Genova e mai mollata. Su questi temi sarà probabilmente Conte a esercitare la sua capacità di mediazione portando i pentastellati verso più miti consigli e assumendosene la responsabilità («bisogna fare i conti con la realtà», ha detto riferendosi al rischio di un contenzioso infinito e costoso per lo Stato in caso di revoca tout court delle concessioni).
Conte e Pd in attesa del chiarimento interno ai pentastellati
Lo scoglio politico per il rilancio dell’azione di governo resta sempre lo stesso: il travaglio del M5s dopo le dimissioni di Di Maio da capo politico e l’attesa del chiarimento della linea politica che dovrebbe esserci agli Stati generali. Da una parte coloro – come i ministri Stefano Patuanelli (possibile successore alla guida del movimento) e Roberto D’Incà, nonché il presidente della Camera Roberto Fico – che vogliono costruire assieme al Pd quel «campo largo» caro al segretario dem Nicola Zingaretti e allo stesso Conte, che di questo «campo» si immagina il federatore. Dall’altra l’ala “dura” del movimento, Di Maio e Alessandro Di Battista in testa, che rivendica la terzietà rispetto alla destra e alla sinistra ed è contraria all’alleanza con il Pd anche alle prossime regionali di giugno.
Gli Stati generali del M5s (forse) ad aprile e le regionali a giugno
Un chiarimento, quello interno al M5s, che proprio perché altamente divisivo rischia di compiersi nel giorno del mai: per gli Stati generali, inizialmente previsti a marzo e poi postposti a dopo il referendum consultivo sul taglio del numero dei parlamentari fissato dal governo per il 29 marzo, non c’è ancora una data. E l’ala dimaiana tende a procrastinare il più possibile per arrivare alle regionali di giugno (si vota in Veneto, Liguria, Marche, Toscana, Puglia e Campania) senza l’accordo con il Pd. Il quale Pd, naturalmente, ha bisogno al contrario come il pane di un accordo il più largo possibile soprattutto in Campania, Puglia e Liguria.
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