Tra le urgenze il successore di Fioramonti: ieri scintille tra l’ex ministro e il M5S
di Manuela Perrone
Lorenzo Fioramonti (Agf)
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Giuseppe Conte affronta la conferenza stampa di fine anno con il sollievo di aver condotto in porto la manovra economica e con la necessità di rafforzare la sua maggioranza. Oggi lo sguardo
Ma dietro gli annunci ci sono le urgenze. La prima è sostituire al più presto, entro la prossima settimana, il dimissionario ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, in rotta di collisione con i vertici M5S e dato in procinto di passare al gruppo Misto. In pole per la successione c’è l’attuale sottosegretaria al Miur, Lucia Azzolina, anche se continuano a circolare i nomi dell’ex sottosegretario nel Governo gialloverde Salvatore Giuliano, di Nicola Morra e di Francesco D’Uva. La seconda urgenza è sminare il terreno dalle fibrillazioni che agitano i Cinque Stelle e che potrebbero riverberarsi sulla tenuta dell’Esecutivo.
Ieri è andata in scena la resa dei conti tra Fioramonti e lo stato maggiore M5S, con il viceministro allo Sviluppo economico, Stefano Buffagni, che gli ha indicato l’uscita: «Se Fioramonti sogna di fare il capo politico, o lanciare il suo movimento verde sono fatti suoi legittimi, ma sono certo che se uscirà dal Movimento si dimetterà. Non restituisce da dicembre 2018 e non sta rispettando gli impegni presi con i cittadini». Pomo della discordia è sempre la questione calda delle restituzioni. Già due giorni fa, all’indomani dell’ufficializzazione delle dimissioni, fonti pentastellate avevano puntato il dito contro il fatto che i rimborsi del titolare del Miur, deputato Cinque Stelle, fossero fermi a dicembre 2018: mancherebbero all’appello circa 70mila euro. Ieri in un lungo post su Facebook Fioramonti si è detto stupito degli attacchi e si è difeso.
«In tanti – ha spiegato – abbiamo contestato un sistema farraginoso e poco trasparente di rendicontazione». I malumori sono reali, tanto che sono venti in tutto i parlamentari nella stessa situazione dell’ex ministro e appena 23 quelli perfettamente in regola. Molti contestano l’obbligo di versare i circa 2mila euro che ogni eletto deve restituire mensilmente sul nuovo conto intestato a Di Maio e agli ex capigruppo, Francesco D’Uva e Stefano Patuanelli, componenti del «comitato per le rendicontazioni e i rimborsi». Un passaggio intermedio, che era stato deciso per evitare nuove “rimborsopoli” e che non consente più ai singoli deputati e senatori di devolvere le somme direttamente al Fondo per il microcredito del Mef.
Fioramonti sostiene di aver continuato a versare nel conto del Bilancio dello Stato e ha annunciato che le ultime restituzioni andranno al Tecnopolo Mediterraneo per lo Sviluppo Sostenibile, «un centro di ricerca pubblico che, da viceministro prima e da ministro poi, ho promosso a Taranto, una città deturpata da un modello di sviluppo sbagliato, e invito altri parlamentari a fare lo stesso, non appena il conto sarà attivo». Dal Mise si sono affrettati a precisare che è impossibile fare versamenti alla fondazione Tecnopolo perché «non c’è ancora uno statuto istitutivo».
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