Nonostante la boccata d’ossigeno arrivata dall’Istat, l’aria che tira nel governo gialloverde resta pesante. Né la parentesi del pranzo in Tunisia ha aiutato a rasserenare il clima, reso incandescente dal caso Siri che Giuseppe Conte ha cercato momentaneamente di raffreddare. Il premier infatti lunedì notte a sorpresa ha incontrato il sottosegretario leghista indagato per corruzione. «Siamo nel pieno di un percorso, la mia giacca non si lascia tirare più di tanto» si è limitato a dire poche ore dopo durante la conferenza stampa congiunta in occasione del vertice con Youssef Chahed.
Conte rivolgendosi ai giornalisti invita a «pazientare». Ma i veri destinatari della richiesta sono in realtà i suoi due vice impegnati in un braccio di ferro quotidiano. È probabile che il destino di Armando Siri sia stato già deciso. Conte certamente ne ha parlato con Matteo Salvini durante il volo per Tunisi dove Luigi Di Maio era già atterrato la sera prima. Il riserbo è totale. La Lega si trincera dietro il “no comment” e punta i fari altrove. Sulla flat tax, anzitutto, che Salvini ha intenzione di innalzare a nuova bandiera della campagna elettorale («È obbligatorio realizzarla al più presto per imprese, lavoratori e famiglie, come da contratto di governo, senza dubbi o ritardi», ha detto) utilizzando lo stesso canovaccio collaudato in occasione delle elezioni politiche di un anno fa con quota 100.
Ma anche su questo fronte la strada resta in salita. «Non è il momento di parlare di riforma fiscale», ha commentato il premier, sottolineando che il governo in autunno sarà impegnato con la manovra. Una dichiarazione che non è stata presa bene dal leader della Lega, tant’è che poco dopo il premier ha lasciato a Palazzo Chigi il compito di dettare alle agenzie di stampa l’interpretazione autentica: «La riforma fiscale va fatta, è un obiettivo di tutto il governo, punto qualificante del contratto». D’accordo anche Di Maio, che però ci tiene a puntualizzate che la priorità resta la sterilizzazione degli aumenti Iva: «Flat tax? Io non voglio aumentare l’Iva. Per me va bene, sono progetti che stavamo portando avanti e che porteremo avanti. Ma sia chiaro che non si fa nulla aumentando l’Iva. Tutto il resto è nel contratto e si deve fare», ha detto il vicepremier pentastellato.
I due vice, come già detto, non sembrano intenzionati ad andarsi incontro. Salvini sa che sul Siri la strada ormai è segnata e probabilmente dopo l’incontro con il premier la stessa consapevolezza ce l’ha anche lo stesso sottosegretario. Del resto Conte in qualche modo aveva già lasciato intendere che un suo passo indietro sarebbe stato ben accetto per evidenti ragioni di «opportunità». Ed è assai probabile che così andrà a finire. E non tra molto visto che anche Salvini ha bisogno di potersi dedicare alla campagna elettorale senza doversi difendere dalle frecciate dei suoi alleati di governo sulla minore «sensibilità» del Carroccio sul tema della corruzione. E soprattutto il leader della Lega vuole passare al contrattacco. Sulla flat tax inevitabilmente si tornerà a discutere dopo il verdetto delle europee del 26 maggio. Ma sull’Autonomia di Veneto e Lombardia invece si potrebbe procedere subito. Ed è questa la carta che il ministro dell’Interno vuole giocarsi sul tavolo di Palazzo Chigi.
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