Matteo Salvini ha mandato in scena al Palazzo dei Congressi di Roma una nuova prova di forza. È rivolta alla città, agli avversari Pd e M5S ma soprattutto agli alleati, Giorgia Meloni in primis. Racconta la determinazione della Lega a esercitare la sua primogenitura ovunque, senza complessi né limiti territoriali, e dunque anche nella Capitale che diventa all’improvviso l’epicentro simbolico della sfida del Capitano al resto del mondo. La gara è la stessa che sta mettendo in crisi gli schemi elaborati dalla coalizione per le candidature delle Regionali 2020, ma nella Capitale si tinge di beffa, quasi di provocazione. Qui Salvini si è preso – e lo mette in mostra sul palco – larga parte del notabilato cittadino che fino a ieri guardava genericamente al Centrodestra, presidenti di enti, di ordini professionali, di consorzi. Qui ha messo alla guida del Carroccio Claudio Durigon e Francesco Zicchieri, entrambi provenienti dalla filiera della ex-An e adesso porteur di voti, relazioni, militanze, per conto del capo leghista. Qui, ribaltando il mito fondante della vecchia Padania, può aprire il comizio con le note di Fratelli d’Italia, cantate in piedi dalla platea, con la mano sul cuore, al punto che virando le immagini al bianco e nero si potrebbe immaginare il pubblico di un comizio di Almirante.
L’appuntamento dell’Eur, con numeri notevolissimi in una giornata a venti gradi che invitava ad andare al mare, chiarisce che Roma non è l’Emilia Romagna e non basteranno le Sardine o la generica evocazione del “rischio nero” per alzare una barriera contro la Lega. Anche i ragazzini di Mattia Santori ieri erano in piazza, a Santissimi Apostoli, ma senza il loro leader e con un palco monopolizzato da alcune titolate reti cittadine (il presidente dell’Anpi Fabrizio De Sanctis, la presidente della Casa delle donne Maura Cossutta, la presidente del Baobab Giovanna Cavallo) che hanno riportato il raduno nell’ambito delle “cose di sinistra” che succedono in città. L’effetto novità sembra già sfumato. E anche l’equazione bolognese del Pala Dozza – «siamo più noi di loro» – stavolta ha mancato l’obbiettivo. Qualunque sia la scelta del fronte progressista per la città, i pesciolini anti-salviniani potranno magari dare una mano, ma difficilmente risulteranno determinanti.
Sarà un problema. Anche perché Salvini solletica il genius loci in modo del tutto inaspettato, e se al Nord interpreta il partito del decoro, delle regole e delle ordinanze militaresche dei Comuni contro ogni sgarbo alla pubblica decenza, a Roma rovescia il racconto e si lancia in un inedito elogio dello spontaneismo cittadino. Sogna una Roma con più cantieri ed edilizia, una Roma dove «I bar possano fare i bar» e chissenefrega se hanno un po’ di tavolini in più sul marciapiede, una Roma che spenda meno per «le piste ciclabili radical-chic» e lasci fare i 250mila cittadini che aspettano una risposta per aprire una finestra o chiudere un terrazzino. Sinistra e M5S, dice, «Odiano il privato e la libera iniziativa dei privati», e par di capire che la sua proposta alla città sarà imperniata su un detonante liberi tutti.
Ovvio che piaccia a una città tendenzialmente anarchica. Meno ovvio il sottotesto che accompagna l’esibizione, con la scelta di presentarsi come One-Man-Band e di evitare accuratamente ogni citazione di alleati, alleanze, compagni di viaggio. Salvini ricomincia da Roma perché nella Capitale, a differenza che a livello nazionale, il duello con Giorgia Meloni può essere piegato a suo vantaggio. Qui la destra di Fratelli d’Italia non gode del vantaggio della “verginità governativa”. Qui il mondo di Giorgia ha comandato in tempi assai recenti, senza peraltro lasciare un buon ricordo, ed è la Lega a potersi presentare come il nuovo, l’inedito, il mai-visto-prima, assestando una metaforica randellata alla concorrente. Se tutto andrà come si prevede, le elezioni 2021 per il Campidoglio saranno l’apripista della fase conclusiva della legislatura. Salvini si sta già attrezzando per usarle come anteprima della sua rivincita (o come potentissima merce di scambio nel Centrodestra).
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