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Coronavirus, verso il voto telematico alle Camere: sì di M5S, Pd e Lega

democrazia a distanza o democrazia sospesa?

Dopo l’ultimo caso, il contagio di un questore della Camera, in Parlamento si cerca una soluzione per far proseguire i lavori

di Emilia Patta

12 marzo 2020


Coronavirus, l’epidemia arriva in Parlamento

4′ di lettura

«Ora che si è ammalato anche un questore della Camera, oltre a un deputato, c’è ancora chi considera un’eresia la creazione di un diritto parlamentare dell’emergenza con voto a distanza, una commissione speciale per i decreti e altre innovazioni? L’ortodossia vera innova». Di prima mattina è il deputato del Pd nonché costituzionalista Stefano Ceccanti a lanciare l’allarme. E se il contagio si estende fino a mettere a rischio anche il numero legale, ossia la presenza della metà più uno dei parlamentari, che si fa? Si chiude il Parlamento?

Il primo caso: l’impedimento del deputato leghista Guidesi, di Codogno
La necessità di innovare permettendo il voto a distanza dei parlamentari è stata posta esattamente una settimana fa in Giunta per il regolamento dal deputato dem Emanuele Fiano. La questione, allora, era l’impossibilità di raggiungere l’Aula per espletare il suo diritto-dovere di votare da parte del deputato leghista Guido Guidesi, di Codogno. La questione è stata respinta con l’argomentazione che il voto arriva a vale di una discussione in Aula. E come in un gentlemen agreement il capogruppo del Pd Graziano Delrio non ha votato per “compensare” l’assenza di Guidesi.

Il voto contingentato sullo scostamento del deficit
Ma, si sa, in tempi di Coronavisur una settimana è un’era geologica. E la scena della votazione sullo scostamento del deficit – con solo la metà dei parlamentari presenti, il controllo della temperatura all’ingresso, l’entrata in Aula molto ordinata a piccoli gruppi, l’amuchina usata come segnaposto per indicare i posti da occupare e quelli non in modo da tenere le distanza – ha reso plasticamente evidente quello che solo una settimana fa era impensabile.

Voto telematico: nessun ostacolo dall’articolo 63 della Costituzione
D’altra parte la lettera della Costituzione non sembra porre ostacoli al voto telematico, o almeno è ciò che sostiene il costituzionalista Salvatore Curreri: «A tale soluzione non pare osti lo stesso articolo 63 della Costituzione che fa semplicemente riferimento alla necessaria presenza dei componenti delle Camere, lasciando quindi all’autonomia regolamentare di ciascuna Camera – garantita dall’articolo 64, 72 2 68 – se essa debba essere esclusivamente quella fisica oppure, in circostanze eccezionali, anche quella telematica». Ci sono anche dei precedenti: il Parlamento catalano prevede la possibilità del voto per delega e del voto telematico.

Modifica ai regolamenti? Basta il sì unanime della Giunta
Certo, c’è il problema della modifica ai regolamenti parlamentari, come ricorda il capogruppo della Lega in Senato Massimiliano Romeo, favorevole alla possibilità del voto telematico così come i capigruppo del Pd Graziano Delrio e Andrea Marcucci . «È buon senso tutto ciò che evita il blocco delle Camere. Bisognerebbe però modificare regolamento e voto telematico», dice Romeo. Eppure anche su questo la situazione eccezionale chiama soluzione eccezionale: «Si dovrebbe fare auspicabilmente tramite un’espressa modifica regolamentare – spiega ancora Curreri – ma se l’urgenza del momento rendesse tale decisione indifferibile si potrebbe anche procedere per decisione del presidente dell’Assemblea previo parere unanime della Giunta del Regolamento secondo il principio del nemime contraddicente». La migliore garanzia che di tali decisioni non si possa abusare minando la democrazia, infatti, sta nell’unanime valutazione da parte di tutte le forze politiche.

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