Doveva essere il grande weekend dell’adunata sovranista di Milano. Doveva essere la prova di forza degli undici leader, guidati da Salvini e Le Pen, pronti a cambiare l’Europa nel nome della primazia delle nazioni. Doveva essere il colpo finale di una campagna elettorale delle elezioni europee che è esistita solamente in funzione della possibilità – o dello spauracchio – che questo fronte eterogeneo riuscisse a prendere il potere in Europa, attirando a se le destre moderate che fanno riferimento al partito popolare europeo.
Doveva essere. Nella realtà è stato il weekend della clamorosa attestazione del velleitarismo, dell’inconsistenza politica e dell’opacità che circonda l’internazionale sovranista. A dare il via alle danze il clamoroso video in cui Heinz-Christian Strache, vicecancelliere austriaco e leader del partito di ultradestra austriaca dell’Fpoe, visibilmente alterato dall’alcol, promette appalti e favori di ogni genere a una sedicente, procace, nipote di un oligarca russo – in realtà un’esca per farlo abboccare -, in cambio della promessa di investire circa 250 milioni di euro per comprare quote della stampa austriaca e in particolare del quotidiano Kronen Zeitung: “Se lei acquisisce la Kronen Zeitung tre settimane prima delle elezioni e ci mette al primo posto, possiamo parlare di tutto”, fantastica Strache. Bingo.
Se è stata una trappola, è riuscita benissimo. Sebastian Kurz, cancelliere austriaco, colui che aveva portato il partito popolare dalla grande coalizione coi socialisti all’alleanza di destra coi sovranisti, ha immediatamente defenestrato Strache, annunciando nuove elezioni prima possibile. Quella che a Milano viene presentata come la grande alternativa europea – l’alleanza tra destra e ultradestra – deraglia proprio nel Paese in cui è nata. E lo fa a causa della permeabilità del fronte sovranista alle ingerenze di una grande potenza straniera, sempre la stessa.
Sarebbe bastato questo, a rovinare il weekend sovranista, ma la chiosa domenicale è stata addirittura peggiore, perché ha messo Salvini di fronte al fallimento della sua strategia di contenimento degli sbarchi, e peggio ancora l’ha fatto in diretta televisiva, mentre il vicepremier leghista era ospite da Massimo Giletti. È da lì che Salvini ha assistito, incredulo, allo sbarco di 47 migranti raccolti da giorni dalla nave dell’ong Seawatch, nel porto di Lampedusa. Nessun complotto politico. Semplicemente, l’ordine di un pubblico ministero di Agrigento, che nel chiedere il sequestro della nave, ha disposto lo sbarco delle persone, nonostante le pressioni del Viminale, nonostante la veemente reazione catodica di un infuriato Matteo Salvini. Porti chiusi? Nemmeno un po’.
Non è finita qui: perché a Vienna e Lampedusa si è aggiunta Roma: da Monsiglior Parolin, segretario di Stato vaticano, sino a periodici e quotidiani come Civiltà Cattolica, Famiglia Cristiana e Avvenire, è stata una domenica di scudi alzati contro e di prese di distanze contro il rosario brandito da Salvini dal palco di Milano, che ha baciato il rosario e invocato la Madonna come auspicio per una vittoria sovranista alle elezioni: «Invocare Dio per se stessi è sempre molto pericoloso», il commento al curaro di Parolin, che racconta di un ostilità sempre più crescente tra Bergoglio e la galassia dei sovranisti, che da tempo, complice Steve Bannon, ha iniziato una crociata contro il Pontefice.
Il messaggio è brutale, nel suo insieme: i sovranisti sono al soldo di potenze straniere, le loro politiche sono inefficaci, le alleanze che prefigurano per l’Europa non reggono nemmeno là dove sono nate, e i vertici della comunità cristiana che dicono di difendere non hanno alcuna simpatia per loro. Il re è nudo, insomma. Nella sua ambiguità, nella sua inefficacia, nel suo velleitarismo. Quanto questo possa pesare, a una settimana esatta dal voto europeo, lo diranno gli elettori. Che di sicuro, però, hanno di fronte e negli occhi un weekend di ordinari disastri. Se questo è il futuro dell’Europa, è più farsa che tragedia.
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