Parafrasando un vecchio filosofo con la barba, non è peregrino affermare che molti spettri si stiano aggirando, crudeli, intorno alla casa sbilenca del Partito Democratico, fantasmi senza scrupoli, ingordi e vendicativi, intenzionati, sempre secondo l’allarme dei “riformisti”, a vendicarsi del giusto esilio imposto infine loro.
Chi stia seguendo le vicende interne alla traballante formazione di Zingaretti, soprattutto dopo l’improvvisa fuoriuscita di Matteo Renzi, si sarà infatti accorto che da parte dei cosiddetti responsabili, sempre fantasmaticamente, come sicura spietata minaccia, viene brandito il possibile ritorno degli anziani post-comunisti lì al “Nazareno”. Ossia gli ectoplasmi carnivori di Massimo D’Alema e Pierluigi Bersani, implicitamente descritti, se ci è permessa una lettura metonimicamente spettrale, come sorta di iene di rincorsa, pronte ad entrare proditoriamente nel palio del Pd per definitivamente spartirsi le spoglie di quest’ultimo. “Vuoi vedere che adesso ricompariranno sia D’Alema sia Bersani?”, pronunciano alcuni, e nel dichiarare in questo modo, sia detto per coloro che hanno un minimo di preparazione iconico-allegorica, sembra di ritrovarli raffigurati tra “Il cavaliere, la morte e il diavolo” di Dürer e le “calaveras” del messicano José Guadalupe Posada, scheletri a cavallo d’altri scheletri, pronti a manifestarsi in tutta la loro malefica ambizione, di più, essenza.
Va da sé che un simile discorso prescinde da ogni attendibile rappresentazione politica, dal reale stato delle cose, cancellando perfino le naturali potenzialità dei diretti evocati, sposando piuttosto il proposito renziano di voler fare terra bruciata d’ogni presidio di sinistra, perfino caricaturando l’avversario interno, mostrificandolo in una rappresentazione, appunto, prossima al deforme, museo gli orrori. Così ammesso che D’Alema, Bersani, Speranza, e dalla stessa Leu tutta, vogliano ritenersi tali, tra Nosferatu e Dottor Caligari, cioè mostri di una pervicace malvagia volontà tutta “comunista”: non cedere le armi di fronte al “nuovo”, al “vivo”, alla necessità di una forza realmente, sanamente “riformista”, a Renzi e alla Boschi.
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