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Dalla Cina è arrivata un’altra sindrome che ancora non si vede: il fascino per il totalitarismo

La pubblicistica cospiratoria di Rousseau e dei procuratori d’affari di Pechino nella politica italiana – Di Maio & C. – potrebbe agevolmente esercitarsi su un plot di fantapolitica, cioè su un piano di Pechino per avvelenare prima biologicamente e quindi politicamente l’Occidente democratico e trasformare l’epidemia di Covid-19 nel vettore di un’ideale totalitario. Sarebbe interessante sapere quale ruolo, in questo plot, i propagandisti della srl di stanza a Palazzo Chigi riserverebbero al negazionismo di Trump, oggi paradossale alleato, almeno in Europa, della “soluzione cinese”, con tutti gli annessi e i connessi civili. Peraltro, vista l’attenzione ai “piccioli” della complottologia grillina (alla pari di quella sovranista), non mancherebbe spazio per concludere che il vero obiettivo dell’epidemia non è ideologico, bensì affaristico: quello di compare a prezzo di saldo i gioielli residui di un Paese in rovina. Non lo si diceva e lo si dice della finanza anglofona e tedescofona?

Ovviamente, questo “piano coronavirus”, questo complotto contro l’Occidente e contro l’Italia non esiste; il coronavirus non è un’arma non convenzionale e la diffusione del contagio non rientra nella guerra ibrida al soft power democratico. Però, anche se non c’è e come se ci fosse, perché gli esiti del contagio politico-culturale veicolato da Covid-19 hanno portato, almeno in Italia, alla beatificazione del regime di Pechino e alla implicita (o perfino dichiarata) fiducia nella superiore efficienza di una non-democrazia nella gestione delle emergenze sanitarie e delle emergenze tout court.

Il M5S ha salutato la vendita all’Italia da parte della Cina di attrezzature sanitarie come prova della solida amicizia italo-cinese e lo ha fatto nello stesso giorno in cui ha battezzato il rovinoso scivolone di Christine Lagarde come prova definitiva della scarsa solidarietà dell’Europa per le traversie italiane.

Visto che in politica le conseguenze di quel che si crede sono sempre vere, anche se è falso il presupposto della credenza, il dato di fatto è che oggi la generalità degli italiani politicamente “vive” l’esperienza della generosità di Pechino e della protervia della BCE, cioè dell’istituzione che è e sarà l’unica vera terapia intensiva finanziaria del nostro debito e – c’è da starne certi – il finanziatore di ultima istanza del gigantesco piano di ricostruzione dell’Europa (e dell’Italia) dalla crisi economica che accompagnerà e seguirà il contagio.

Da un certo punto di vista il coronavirus in Italia sta completando il lavoro di demolizione dell’egemonia culturale della democrazia, già duramente incrinata da un ventennio di declino economico e di impazzimento politico populista e sovranista. Se è vero che il Coronavirus cambierà tutto, e sarà, al di là degli effetti sanitari, una cesura nella storia dell’Occidente sviluppato e forse anche un cambio di paradigma nella governance economico-finanziaria dell’Europa, in Italia il coronavirus paradossalmente non ha cambiato niente, ma ha semplicemente aggravato tutto. E si spera che l’immunodepressione politica italiana non abbia toccato un punto di non ritorno e che la sindrome cinese non si dimostri ben più letale del virus arrivato da Wuhan.

https://www.linkiesta.it/it/article/2020/03/13/coronavirus-sindrome-cinese-dittatura/45840/

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