Per la categoria ci sono troppi «adempimenti inutili fatti per scaricare sull’ultimo anello della filiera, il più debole, oneri e costi e finanche provvedimenti penali per errori formali»
di Andrea Marini
(ANSA)
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Dalla fatturazione elettronica all’introduzione degli Isa (l’indice sintetico di affidabilità fiscale), fino ai registratori di cassa elettronici. Ma anche lo strapotere delle compagnie petrolifere e la proliferazione degli impianti «illegali». Sono queste le criticità che hanno portato Faib Confesercenti, Fegica Cisl e Figisc/Anisa Confcommercio a proclamare due giorni di sciopero dei benzinai, il 6 e 7 novembre, con la chiusura degli impianti, stradali e autostradali, su tutto il territorio nazionale. Una politica, hanno scritto le organizzazioni, con cui il governo «sceglie di marginalizzare la nostra categoria».
Contro la politica fiscale del governo
La categoria protesta contro la fatturazione elettronica, l’introduzione degli Isa (gli indici di affidabilità fiscale), «che – scrivono le categorie rappresentanti i benzinai – risultano fortemente penalizzanti per i gestori carburanti (che, è bene ricordarlo, percepiscono un margine che non supera il 2% del prezzo pagato dagli automobilisti). Ma oggetto della protesta sono anche i Registratori di cassa Telematici per fatturati di 2 mila euro l’anno, l’introduzione di Documenti di Trasporto (Das) e modalità di Registrazione giornaliera, in formato elettronico, da digitalizzare a mano».
Troppi adempimenti
Per i benzinai, si tratta di «adempimenti inutili fatti per scaricare sull’ultimo anello della filiera, il più debole, oneri e costi e finanche provvedimenti penali per errori formali. Provvedimenti che duplicano le incombenze burocratiche senza alcuna valenza sulla lotta all’illegalità o alla infedeltà fiscale, lasciando in pace gli evasori di continuare a fare business anche nel nostro settore che appare sempre più inquinato dalla criminalità organizzata».
Contro le compagnie petrolifere e gli illegali
Lo sciopero è anche «contro le compagnie petrolifere e la miriade di titolari di impianti, piccoli, medi e grandi, cresciuti sull’illegalità contrattuale», spiegano i rappresentanti della categoria. «Verso questi soggetti la Pubblica Amministrazione e il Ministero dello Sviluppo Economico – concludono – continuano a mantenere un silenzio imbarazzante assistendo, muti, allo scempio che sta generando danni al Paese ed al sistema per alcuni miliardi l’anno».
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