Le baruffe twitterotte tra democratici ed ex democratici e tra renziani ed ex renziani hanno stufato. Siamo già costretti a sopportare personaggi da operetta a Cinque Stelle, algoritmi e cuori immacolati di Maria, Nutelle da spalmare e Nutelle da non spalmare, citofoni, sardine, Borghi & Bagnai, Emiliano, Ruotolo, i liberali per Salvini, per Trump e per Putin, i cretini di destra e di sinistra, i talk show di Cairo e non solo di Cairo, ma anche Fofò Dj, Manlio Di Stefano e Vito Crimi, un trio di siciliani più letale della peronospora. E, poi, anche il fortissimo punto di riferimento di tutti i progressisti (copyright Nicola Zingaretti) alias il premier Giuseppe Conte uno e due. Nonostante il favoloso curriculum di studi anche alla New York University e malgrado la lectio magistralis televisiva di Giandomenico Caiazza a Piercamillo Davigo, Conte ha dimostrato via Twitter di non percepire l’elementare differenza tra garantismo, cioè rispettare le regole costituzionali, e giustizialismo, cioè stravolgere le regole costituzionali.
È uno spettacolo umiliante, ma ci toccano anche i dispettucci adolescenziali tra i politici dell’area del buonsenso che fino a dieci minuti fa sostenevano una cosa e dieci minuti dopo un’altra ma a parti invertite, pronti a un’ulteriore giravolta da condividere inesorabilmente sui social.
Basta, per favore. Non se ne può più della campagna elettorale permanente nel collegio di Twitter di Orlando contro Annibali, di Morani contro Nobili, di Romano contro Rosato, di Calenda contro Calenda (per menzionare i migliori). Datevi una calmata, concentratevi, perché gli avversari sono altri e non sono nemmeno difficili da individuare perché sono quegli altri con cui state al governo, quelli dell’algoritmo, quelli che scendono in piazza il 15 febbraio contro il governo di cui fanno parte nonostante il vostro indefesso impegno per assecondare tutte le loro manie.
Sono gli inadeguati agli Esteri e all’Innovazione, al Lavoro e all’Istruzione, alla Giustizia e allo Sviluppo Economico. Sono quelli dei decreti di sicurezza, del reddito di pigranza (copyright Giuliano Ferrara), di quota cento, della spazzacorrotti, del fine indagine mai, dei piani digitali con l’amichevole consulenza della Casaleggio piazzati in ogni emendamento e in tutte le occasioni possibili chissà perché, chissà come mai. Sono quelli della decrescita felice, del caos Ilva, Whirpool, Autostrade e dell’umiliazione delle istituzioni trasformate in bivacco per algoritmi e scontrini da rendicontare con l’obiettivo di cancellare la democrazia rappresentativa, ovvero la democrazia come la conosciamo, per sostituirla con la democrazia diretta da un’app, come in Iowa se solo l’Iowa fosse una srl milanese.
L’avversario dei democratici e dei renziani e dei calendiani e dei boniniani e dei carfagnani e dei liberali e dei socialisti, insomma di tutti i democratici del Parlamento e fuori dal Parlamento, è il conteunismo di Salvini, Di Maio e Casaleggio tramutatosi in conteduismo con il medesimo premier che adesso si vanta di non essere né garantista né giustizialista, cosa che dovrebbe chiudere una volta per tutte la questione sul fortissimo punto di riferimento per tutti i progressisti, anche se sarebbe stato meglio accorgersene quando chiudeva i porti e abbracciava Putin, quando avallava i memorandum con la Cina e assisteva gli scagnozzi di Trump, quando sospendeva la prescrizione e faceva volare lo spread.
Ecco, i parlamentari dell’area del buonsenso potrebbero impegnarsi contro il conteunismo, possibilmente lontani da Twitter.
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