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Di Maio calma le acque in Senato. Capogruppo, i candidati restano 4: le squadre

ServizioMOVIMENTO CINQUE STELLE

L’ex sottosegretario Andrea Cioffi si è ritirato. La sfida clou tra Toninelli e Perilli. Al voto l’8 ottobre anche alla Camera, dove il capogruppo uscente D’Uva è stato eletto questore

di Manuela Perrone

2 ottobre 2019


4′ di lettura

Per il Movimento 5 Stelle in Senato tantissimi tuoni e poca pioggia. L’unica a fare le valigie, quando si ventilava il rischio di scissioni e addii, è stata finora la senatrice Silvia Vono, migrata verso Italia Viva. E l’assemblea del gruppo parlamentare di martedì 1° ottobre, alla presenza di Luigi Di Maio, è andata molto diversamente da quella del 24 settembre, quando il leader a New York era finito sotto processo “in contumacia”. Una normalizzazione figlia anche dell’appuntamento fissato per l’8 e il 9 ottobre, quando sarà eletto il nuovo capogruppo al posto di Stefano Patuanelli.

Come hanno raccontato alcuni dei presenti all’assemblea, Di Maio ha prevenuto le critiche, assecondando la richiesta – che era stata messa nera su bianco da oltre 70 senatori – di modificare il regolamento del gruppo per renderlo più autonomo dal capo politico. E annunciando che dopo Italia 5 Stelle, in programma a Napoli il 12 e il 13 ottobre, arriverà il team di 12 “facilitatori” M5S, di fatto la segreteria del partito. Risultato: toni capovolti rispetto alle urla della precedente assemblea, clima definito «pacato e costruttivo». Nessuna nuova minaccia di far pagare agli eventuali voltagabbana la penale da 100mila euro prevista nel Codice etico degli eletti.

E i ribelli? Restano, ma si espongono in pochissimi. Come il senatore Ugo Grassi, che si è dimesso da capogruppo in commissione Affari costituzionali ed è citato tra i probabili prossimi fuoriusciti. Grassi ha pubblicato due giorni fa sul Fatto Quotidiano una lettera aperta a Davide Casaleggio, in coincidenza del suo intervento all’Onu, contestando la proposta M5S di abolire il divieto di vincolo di mandato e chiedendo spiegazioni sul ruolo di Rousseau: «Nel caso dello spostamento delle decisioni dai gruppi parlamentari all’assemblea virtuale degli iscritti noi siamo di fronte a ciò che potremmo chiamare un “patto extrasociale” con cui l’assemblea si priva di ogni volontà per attribuirla a un soggetto terzo». In sintesi: «Poiché il Movimento ha conseguito circa 12 milioni di voti che ne è dell’opinione di quegli undici milioni e novecentomila che non si sono iscritti?».

Grassi ha puntato il dito contro le assemblee dei gruppi svuotate, contro le decisioni «prese per acclamazione». Altri tacciono. In attesa di conoscere innanzitutto chi sarà eletto nuovo capogruppo tra i quattro in corsa (l’ex sottosegretario allo Sviluppo economico, Andrea Cioffi, si è ritirato): Stefano Lucidi, Marco Pellegrini, Gianluca Perilli e Danilo Toninelli. Oggi sono arrivate le squadre per il direttivo proposte da ciascun candidato. E nel gruppo gli umori sono concordi: al netto di sorprese, la sfida sarà tra Perilli, attuale vicecapogruppo che è stato seduto al tavolo delle trattative con il Pd, e Toninelli, l’ex ministro delle Infrastrutture diventato interprete del malessere degli esclusi.

Toninelli schiera in squadra come suo vice lo stimato presidente della commissione Politiche Ue, Ettore Licheri, avvocato sassarese ed ex collaboratore del procuratore della Fgci Stefano Palazzi al tempo di Calciopoli. Come capogruppo vicario propone Silvana Giannuzzi, come segretari Silvana Giannuzzi, Susy Matrisciano e Fabrizio Trentacoste, come tesoriere il pugliese Cataldo Mininno. Perilli punta come vice su Alessandra Maiorino, propone segretari Gabriele Lanzi, Cinzia Leone e Alessandra Riccardi, con Emiliano Fenu tesoriere.

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