La cacciata del senatore. Ma Di Maio ha deciso di accelerare per lanciare un monito a tutti i dissidenti del M5s
di Emilia Patta
Gianluigi Paragone (Ansa)
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Ripartenza decisamente in salita per il governo presieduto da Giuseppe Conte, quella del 2020. Il primo giorno dell’anno vede infatti ancora in primo piano le fibrillazioni all’interno del maggior partito della maggioranza.
Dopo l’addio natalizio dell’ex ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti e le voci insistenti di un nuovo gruppo ecologista-contiano alla Camera, il capo politico del movimento Luigi Di Maio ha deciso di passare subito al contrattacco: i probiviri hanno notificato al senatore Gianluigi Paragone la sua espulsione dal M5s.
«Sono stato espulso dal nulla. C’era una volta il 33%….ora..». Lo scrive Paragone in tutta risposta su carta intestata del Senato, in un messaggio scritto a penna. Foto poi pubblicata su Facebook.
La «cacciata» di Paragone era nell’aria
Certo, la cacciata di Paragone, contrario fin dall’inizio all’intesa con il Pd che ha portato alla formazione del Conte 2, era nell’aria. Da tempo Paragone non risparmia critiche ai vertici del movimento, arrivando per dissenso a votare contro la legge di bilancio appena approvata dal Parlamento. Ma la sua espulsione ha anche una funzione di monito verso gli altri dissidenti: i vertici sono insomma passati al contrattacco lasciando a malpancisti e fuoriusciti la responsabilità – soprattutto al Senato, dove i numeri sono sempre più risicati – della tenuta della maggioranza.
L’effetto di monito verso gli altri dissidenti
«Qualcuno va al Misto dicendo che c’è un problema di verticismo, ma sono gli stessi che venivano a chiedermi una carica», è la stoccata di Di Maio a Fioramonti, che non viene neanche citato. E la scure dei vertici potrebbe abbattersi, con sanzioni disciplinari, anche sui ritardatari nei rimborsi. Pratica che Di Maio difende: «Non è vero che solo il 12% dei parlamentari del M5S è in regola», sottolinea il leader politico del movimento in una lunga diretta video su Fb. Insomma, Di Maio tira dritto. E punta tutto sugli Stati generali di marzo, nei suoi piani una sorta di nuovo inizio del M5S: «Nel 2020 saremo determinanti e per esserlo dobbiamo essere più strutturati e compatti».
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